Il tagliacarte, il sangue, il Dna: "Vi svelo chi ha ucciso Simonetta"

Nuovi dettagli sul killer di Simonetta Cesaroni: "L'ha colpita per 29 volte con la mano sinistra", racconta a ilGiornale.it il criminologo Lavorino

Il telefono con le tracce di sangue dell'assassino
Il telefono con le tracce di sangue dell'assassino

Il tagliacarte, il telefono insanguinato e quei residui di saliva sul reggiseno della vittima. Sono le tracce lasciate nella stanza numero 3 degli uffici Aiag, al quarto piano di una palazzina al civico 2 di via Carlo Poma, a Roma, dall'assassino di Simonetta Cesaroni. A pochi minuti dal truce delitto - la 21enne fu uccisa con 29 fendenti - un misterioso ragazzo, "alto 1,70-1,75, capelli corti, occhiali da vista, baffetti, aria baldanzosa, camicia e pantaloni jeans", fu visto allontanarsi in tutta fretta dall'esterno del condominio a bordo di Peugeot 505 grigia. Lo sconosciuto, più o meno sui 25 anni, fu ribattezzato dalla stampa come "Mister X": la sua identità non fu mai accertata.

Il professor Carmelo Lavorino, criminologo e profiler che da trent'anni segue gli sviluppi del delitto di via Poma, è certo che il killer di Simonetta sia "un territoriale, che ha colpito la vittima con la mano sinistra", spiega alla redazione de IlGiornale.it. Ma c'è di più. L'esperto, coadiuvato dal un team di collaboratori, è riuscito a individuare il gruppo sanguigno dell'aggressore: "Il suo gruppo sanguigno è A DQAlfa 4/4", racconta nel suo ultimo libro "Via Poma - Inganno strutturale Tre".

Professor Lavorino, qual è l'identikit dell'assassino di Simonetta?

"È un soggetto impulsivo, con una fortissima autostima, non ammette di essere contraddetto e/o rifiutato. Si presenta come gentile e cordiale, ma è sempre vigile e attento, pronto alla iperdifesa e allo scontro. È privo di empatia, freddo, determinato e crudele. Ha messo in essere un comportamento del tipo disorganizzato, compulsivo ed espressivo di rabbia distruttiva sfociata nel colpire per ben 29 volte la povera Simonetta: questo rito appetitivo di traboccare nei colpi distruttivi si chiama 'over killing' (oltre la morte), ed è rappresentato dall'accanirsi contro la vittima per il gusto di farlo e per colpire inconsciamente le sue zone simboliche: volto, occhi, petto, cuore, ventre e zone sessuali".

Cosa può dirci a proposito dell'arma del delitto?

"È un tagliacarte, lo si deduce dalla forma bombata e particolare delle ferite che, a loro volta, sono state prodotte da una lama a doppio filo ma non tagliente, ed è proprio il tagliacarte rinvenuto dalla polizia nella stanza n° 3, sul tavolino di lavoro della dipendente Aiag Maria Luisa Sibilia. Questo tagliacarte la mattina del 7 agosto sino alle ore 15 era introvabile, poi è stato usato per uccidere Simonetta e, infine, dopo l’attività di lavaggio, è stato disposto sul tavolinetto della stanza di Maria Luisa Sibilia: è ovvio che solo il soggetto ignoto (l’assassino o il complice) poteva sapere che apparteneva a Maria Luisa Sibilia, ed è anche ovvio che tale soggetto non sapeva che la mattina tale tagliacarte era scomparso".

Con quale mano ha colpito Simonetta?

"L'assassino ha l’uso naturale ed efficiente della mano sinistra, ne ha tendenza all’uso, questo perché ha colpito Simonetta prima con uno schiaffo con la mano sinistra alla tempia destra, poi con 29 pugnalate inferte tutte con la mano sinistra".

Tagliacarte
Il tagliacarte con cui l'assassino ha colpito Simonetta

Saprebbe descriverci l'ipotetica dinamica dell'aggressione?

"Innanzitutto è un omicidio non premeditato, bensì d'impeto, prodotto dalle circostanze, dallo stato psichico dell'assassino. Tutto nasce dalla situazione: l’assassino è pronto ad aggredire sessualmente Simonetta, questa reagisce, forse lo insulta, probabilmente per difendersi lo ferisce proprio col tagliacarte. La rabbia dell'uomo esplode, colpisce Simonetta alla tempia e la ragazza sviene. L'assassino la spoglia, tenta di qualche manovra sessuale che gli riesce e poi recupera la lucidità e pensa: 'Quando si riprenderà mi denuncerà e io non posso permettermelo'. Allora afferra il tagliacarte ed elimina la testimone del suo crimine, lo fa in modo brutale e selvaggio, cambiando posizione, come una danza della morte: prima si posiziona sopra la ragazza, le stringe i fianchi con le gambe e inizia a colpire. Poi si ferma, si sposta alla destra della vittima e poi alla sua sinistra".

Qual è stato il movente delittuoso?

"Si tratta di omicidio strumentale per tacitazione testimoniale in seguito alla perdita del controllo e per vendicarsi dell'insulto subito. Il contesto è nell'ambito dell'aggressione sessuale e del litigio".

Dunque ritiene possa essersi trattata di una persona vicina alla vittima?

"Aveva la disponibilità delle chiavi dell’Aiag (l'ufficio dove lavorava Simonetta) o l'accesso alle stesse per motivi propri, di occasionalità pregressa o per attività di qualche suo familiare o conoscente. Non ha alibi certo, oppure il suo alibi non è stato descritto e/o controllato a dovere. Giusto per chiarezza, l'assassino non è il portiere Pietrino Vanacore, né Raniero Busco il fidanzato di Simonetta, né Federico Valle il nipote dell'architetto".

Telefono
Il telefono con le tracce di sangue dell'assassino

Il killer di Simonetta ha avuto un complice?

"Sicuramente l'assassino ha avuto un complice, ed è la persona che ha pulito in modo professionale, che ha posato per pietà il top di pizzo sangallo sul ventre della ragazza almeno 45 minuti dopo l'omicidio, che ha pulito e messo a posto il tagliacarte (quindi ne conosceva l'ubicazione naturale)".

Qual è stato il suo ruolo?

"Questa persona ha alterato la scena del crimine, ha depistato le indagini proteggendo l'assassino. Ha preso i soldi, i gioielli e le chiavi della vittima per simulare un omicidio a scopo di rapina".

Perché lo avrebbe protetto?

"Si protegge un assassino per soldi o per legami fortissimi: il rischio è enorme e quando si deve proteggere una persona nonostante si veda la vittima nuda e massacrata e il sangue sgorgato sulla scena si ha la tendenza a 'farsi i fatti propri'. A meno che non ci sia uno dei motivi detti: soldi o legame fortissimo. Comunque nel giallo di Via Poma questa persona è stata chiamata immediatamente sulla scena, è intervenuta immediatamente e ha lasciato anche qualche traccia che è stata ben letta ma... male interpretata".

Sono stati commessi errori durante le indagini?

"Tanti errori e di diverso tipo".

Può elencarne qualcuno?

"Ne elenco i più letali per l'inchiesta: puntare solo sul portiere Pietrino Vanacore e lasciare stare le altre piste, il sopralluogo incompleto e inadeguato, le fotografie scattate in numero minimo e in modo dilettantesco, le leggerezze del medico legale - non prendere le temperature cadaveriche ed ambientali ogni dieci minuti, non comprendere che l'assassino avesse usato la mano sinistra, non analizzare il contenuto gastrico di Simonetta, non tamponare le ecchimosi e i graffi della vittima per la ricerca di saliva, non consegnare i reperti come calzini, reggiseno e top di pizzo sangallo della vittima alla polizia scientifica".

C'è qualche "errore" che, secondo lei, ha compromesso significativamente le indagini?

"Il computer su cui lavorava Simonetta fu messo sotto controllo tardivamente e l'appartamento dissequestrato dopo solo sei giorni. Poi c'è la non analisi e la scomparsa delle scarpe della vittima e della cartellina di lavoro della stessa. Infine la mancata individuazione e la non consapevolezza che il sangue sul telefono fosse gruppo A DQAlfa 4/4, quindi dell'assassino".

Il papà di Simonetta disse, al tempo, che "l'assassino è nelle carte". Aveva ragione?

"Certo, l'assassino è nelle carte, a meno che l'assassino non sia un soggetto non territoriale, che passava da lì per puro caso e che non è stato visto da nessuno. Però, scusi, se il soggetto ignoto fosse un 'assassino passante per caso', che bisogno aveva di chiamare il complice, fare pulire e imbastire tutto quell'insieme di depistaggi? A che pro rischiare così tanto per nulla? E se non fosse stato un territoriale, come avrebbe fatto a muoversi agevolmente per ore all'interno del condominio e dello stabile di Via Poma?".

simonetta cesaroni.JPG

Ci sono elementi validi per auspicare una riapertura del caso?

"Il caso può essere risolto se e solo se si evita di personalizzare l'indagine continuando a coprire chi ha sbagliato e/o barato: occorre essere umili, corretti, onesti e freddi. Ad esempio: indagare su chi presenta un profilo simile a quello da me indicato".

Nel suo libro "Via Poma - Inganno strutturale Tre" rivela il Dna dell'assassino.

"Ha il gruppo sanguigno A col sottogruppo DQAlfa 4/4".

Un'indicazione da non sottovalutare...

"Lo sa che nel 1990 le persone mancine erano il 16% della popolazione e che solo il 5% aveva il gruppo sanguigno A col sottogruppo DQAlfa 4/4, quindi 5% x 16% = 80/10000, cioè otto su mille e circa uno su cento?".

Un'ultima

domanda. Se può, mi dia una risposta secca: l'assassino di Simonetta è "Mister X"?

"Questo 'Mister X' sicuramente non ha nulla a che vedere con l'omicidio ma sicuramente potrebbe fornire notizie utili alle indagini".

Via Poma - Inganno Strutturale Tre

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