Chi la conosce sa che lei con una matita è in grado di esprimere tutto. E tra amici fan conoscenti e professionisti del mestiere, in molti in casa hanno una sua stampa con una sua creazione che abbellisce le pareti, perfino i bagni ornati e decorati. La matita di lei sembra correre da sola e dare vita sul foglio a soggetti di paesaggi incantati, incantevoli, personaggi fantastici, inventati o anche particolari di donne con corpetti e reggiseni. Un tocco accattivante curvilineo ma deciso, a tratti dolce, a tratti provocatorio che non lascia spazio a dubbie interpretazioni.
Come non le ha lasciate, giovedì sera quando Marica Zottino, è di lei che stiamo parlando, 37 anni nata a Jesolo ma che vive a Treviso, dopo la sentenza choc in Irlanda, dove non è stupro se hai il tanga, ha preso in mano matita e blocchetto e ha riversato tutta la sua rabbia. “Ero ancora in ufficio – racconta Marica al Giornale.it – quando ho letto questa notizia e lì mi è montata la rabbia. Mi sembrava follia. Sono tornata a casa, ho riletto, mi sono documentata e ho visto che a Dublino le donne avevano manifestato portando i perizomi davanti al tribunale. Così quando ho aperto il cassetto del comodino, mi sono sentita toccata da vicino, perché tutte nel cassetto abbiamo un perizoma o un tanga e non vorrei che se un giorno mi succedesse qualcosa, qualcuno mi dicesse che me la sono cercata”.
Così Marica prende e riversa tutta la quella rabbia, tutto il suo sfogo su quel foglio. “Mi è scivolato così, volevo fare anch’io qualcosa, e per il fatto che disegno dalla mattina alla sera, mi è venuto più semplice disegnare”. Marica infatti, laureata in Disegno industriale allo Iuav di Venezia, è una illustratrice, realizza disegni e illustrazioni decorative e ornamentali ed è una delle protagoniste del Treviso Comic Book Festival (TBCF) il festival del Fumetto di fama internazionale che si tiene ogni anno a settembre e che quest'anno ha visto la quindicesima edizione.
Così Marica prende e giovedì, alle 23.46, condivide il suo disegno nella sua pagina personale, Facebook "Marica Zottino - illustration & surface design" scrivendo: “Non posso credere che in un processo per stupro un avvocato possa davvero dichiarare che indossare un perizoma di pizzo significhi essere consenzienti. È scandaloso. E questo accade in Irlanda, dove c'è stata una protesta a Dublino con le donne che hanno marciato per dire #thisisnotconsent. Questo è il mio piccolo omaggio illustrato a questa causa. Un perizoma non è consenso. Un vestito carino non è il consenso. Un no è un no. Non importa il make up, il vestito, la biancheria. Mi sento così arrabbiata e mi vergogno del mondo in cui sto vivendo”.
Parole forti, ma già l'immagine dice tutto. E la potenza comunicativa di quella bandiera con issato un tanga con scritto #thisisnotconsent è tantissima. Quella immagine così pura semplice e sintetica fa il giro del mondo tanto da arrivare perfino all'emittente araba Al Jazeera che chiede di usarla. Perfino un post da Washington. Marica però non ha mai lavorato nell’impegno sociale, non è un'attivista, ma i messaggi di donne che le hanno detto semplicemente “Grazie”, sono stati tanti. “Il messaggio che volevo mandare era quello che nel 2018 stiamo dando credito a questa cultura che non si basa sui nostri principi e valori, non può stare in piedi una tesi del genere. Di certo non pensavo che questa immagine facesse il giro del web”.
E infatti domenica Marica ha anche dovuto condividere sul proprio profilo un post dove ribadisce sì alla diffusione trasversale ma no alla riproduzione a scopi commerciali. “Non mi aspettavo una reazione così grande e diffusa per cui vorrei dire un paio di cose: non è stata creata per scopi commerciali e non ho autorizzato nessuno a riprodurla su nessun tipo di prodotto. Mi hanno scritto diverse persone chiedendomi di farci t-shirts, gadgets etc. e a tutti ho risposto no, ma ho ricevuto segnalazioni su un thread in cui si parla di spille in vendita da oggi per cui per favore se doveste vederla in forma di qualsiasi tipo di prodotto, fatemelo sapere”.
E un’altra cosa, aggiunge Marica, “se la condividete non snaturatela del messaggio che porta.
Non è una guerra contro il genere maschile ma lo sdegno per il fatto che venga permesso di sostenere in un’aula di tribunale che un certo tipo di abbigliamento implichi di default buona predisposizione ad un rapporto consenziente, facendo venire meno la possibilità di decisione del singolo individuo”.
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