Taranto, il caldo uccide le cozze

La denuncia dei produttori e di Confagricoltura che lanciano l'allarme per i danni economici alla mitilicoltura

Taranto, il caldo uccide le cozze

"La grande ondata di caldo che insiste da settimane sul territorio, con temperature spesso superiori ai 40°C, ha generato un surriscaldamento delle acque del secondo seno del mar piccolo (il secondo seno è una delle aree marine dove si trovano gli allevamenti di cozze, ndr), partendo dall’estremità orientale del bacino, e provocando la morte dei molluschi in allevamento."
Il caldo uccide le cozze (e non solo), simbolo di Taranto. Non è il primo anno che questo accade spiega una nota preoccupata dell'Agci l'associazione delle cooperative di pesca. "È già il terzo episodio di moria nell’arco di sei anni: il primo avvenuto nel 2012, il secondo, a dir poco disastroso nel 2015. I danni per gli operatori del settore sono ovviamente ingenti." Sono le parole di Emilio Palumbo, rappresentante provinciale di Agci (associazione generale cooperative italiane della pesca) di Taranto. "Questa situazione - dice ancora Palumbo - è indirettamente collegata agli eventi che sconvolsero l’intero settore nel 2011, quando, a seguito dei rilevamenti effettuati su molluschi prelevati nel primo seno del Mar piccolo, si trovarono tracce di sostanze inquinanti, e, mediante un’ordinanza, tuttora vigente, della Asl di Taranto, si dispose che entro e non oltre il 28 febbraio di ogni anno (termine prorogato al 30 marzo nel 2016), il prodotto doveva essere trasferito in altra area già classificata. Questo compromette l'immagine del prodotto locale e rappresenta un ulteriore sforzo per i produttori, costretti a spostare i mitili nel secondo seno, sovraccaricando, così, la produzione preesistente. Tutto questo ritarda la maturazione del prodotto e la vendita nei mesi più caldi dell'anno, e, considerata la scarsa dinamicità delle acque del secondo seno, si sottopongono le produzioni alle alte temperature e quindi alla morte dei bivalvi allevati. È indispensabile trovare delle soluzioni che permettano ai produttori di allevare e di garantire un prodotto di qualità. Innanzitutto è necessaria la bonifica del primo seno, che ne permetterebbe di nuovo il pieno utilizzo. A quattro anni dalla nomina del commissario straordinario per le bonifiche, Vera Corbelli, (nominata per bonificare le aree inquinate dallo stabilimento Ilva, ndr) questa opzione non è mai stata contemplata." Inoltre, spostare la produzione in un'altra zona, nel cosiddetto mar grande, il mare aperto, non è possibile " a causa della carenza di mezzi, impianti e delle idonee protezioni, oltre alla presenza delle orate che si nutrono dei molluschi e per i furti da parte di malviventi." Un'immagine quella dei mitili morti per il troppo caldo, quasi apocalittica. E che compromette la cozza tarantina, conosciuta e apprezzata non solo in Italia.

Taranto, la città dei due mari (la sua conformazione dà l'idea di affacciarsi su due mari diversi, mar grande e mar piccolo) dove ci sono i cosiddetti "giardini di cozze", gli allevamenti dei mitili. Il capoluogo pugliese è stato troppo spesso al centro della cronaca per la presenza dell'acciaieria più grande d'Europa che, oltre a mietere vittime tra le persone, ha contaminato terra, aria, mare. Così Taranto, città simboleggiata proprio dalle cozze, si vede defraudata di una voce importante dell'economia come la mitilicoltura. A dare il colpo finale, il caldo record di quest'estate di cui hanno risentito le coltivazioni sul terreno inaridito dal caldo e dalla mancanza d'acqua, ma anche quelle in mare. La denuncia viene anche da Confagricoltura Taranto che infatti denuncia la desertificazione della terra e del mare. " È la nuova emergenza - spiega Luca Lazzaro, presidente di Confagricoltura di Taranto - che si accompagna alle ondate di calore e sta mettendo in serie difficoltà la mitilicoltura tarantina. È necessario intervenire in modo urgente con strumenti di sostegno adeguati. Tocca alla Regione Puglia, in particolare all'assessorato all'Agricoltura, raccogliere questo grido di allarme e trasformarlo in decisioni operative".

È come se l'acqua fosse bollita. "Quando la temperatura dell'aria è molto calda, si riduce o si azzera completamente l'ossigeno nell'acqua" ha spiegato ancora Emilio Palumbo. Così, le cozze e gli altri mitili muoiono. Il paesaggio che si profila guardando dai pescherecci che sfilano sulle onde è una tavola di acqua con dei "sentieri" delimitati dalle boe. Su ognuna di loro, di un rosso schiarito dal tempo e dal sole, un gabbiano, come se per ognuno ci fosse una casa su cui poggiarsi quando non si è in volo. Tra un galleggiante e l'altro sono tese delle corde a cui, in modo verticale, ne sono appese altre su cui crescono le cozze. Nel mare, in modo concentrico le sorgenti di acqua dolce avrebbero dovuto regalare un clima acquatico ideale per la nascita e la crescita dei mitili premiando il duro lavoro dei produttori che piantano il seme d'inverno e lo curano fino alla crescita d'estate.

Sulla questione caldo è intervenuto anche Damiano D'Andria, presidente di Ittica Ionica, un'altra società cooperativa di mitilicoltori: "Nel 2015 quasi 4mila quintali di ostriche (non solo cozze), pronte per andare sui mercati nazionali ed esteri, andarono completamente distrutte". Un danno, quello del caldo record, per diverse centinaia di migliaia di euro che ora ritorna come un boomerang a vanificare nuovamente gli sforzi degli allevatori che, al prezzo di onerosi investimenti, hanno riportato le ostriche nelle acque del Golfo di Taranto. "Nel giro di un paio di giorni - ha dichiarato D'Andria - abbiamo perso tutto, cozze, ostriche e seme. In passato non si erano mai verificate ondate di caldo così dannose. Poi nel 2015 è scoppiata la prima emergenza e ora ci risiamo. Il bando regionale del 2015 ha riconosciuto un contributo alle cooperative dei mitilicoltori, ma si tratta di cifre irrisorie, a tutt’oggi non liquidate.

Le ostriche tarantine erano per noi una scommessa importante e lo sono ancora, ma purtroppo le istituzioni non supportano quella che può essere un’alternativa di lavoro e sviluppo della città: il nostro mare è ancora il più pescoso e produttivo del Mediterraneo".

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