Una commissione non ha ancora finito di gestire la nostra vita in ogni suo dettaglio e già un'altra si profila all'orizzonte. Mentre continuiamo ad essere gestiti secondo le indicazioni del gruppo tecnico-scientifico istituito dal ministero della Salute per fronteggiare l'epidemia in corso, il governo Conte sta predisponendo un altro comitato che si annuncia di dimensioni spropositate chiamato ad amministrare le risorse del Recovery Fund.
Ovviamente, per ora si naviga a vista, perché non è così scontato che in Europa quanti sono ostili a questo assistenzialismo comunitario cederanno il passo. È però interessante rilevare che l'esecutivo, dovendo gestire gli aiuti di Bruxelles, immagini un organo davvero elefantiaco: di dimensioni del tutto inusuali. La gestione delle risorse sarà affidata a sei «super-manager» coadiuvati da ben 300 tecnici: un numero abnorme che legittima ogni illazione dei malpensanti.
Tale proliferare di assemblee di tecnici, in effetti, sembra basarsi su un giochino assai semplice. Perché è facile prevedere che da un lato avremo la scena del teatrino in cui si agiteranno gli studiosi, mentre nel backstage saranno prese le vere decisioni; esattamente come è successo in questi mesi segnati dalle comparsate in televisione di questo o quel virologo, mentre poi le scelte sono sempre state nelle mani di pochissimi: il premier Conte e qualche altro (con in cima il super-burocrate Domenico Arcuri).
Da sempre l'assemblearismo copre le logiche più verticistiche e anche stavolta, dinanzi ai soldi europei, aspettiamoci tale esito. Nel caso del Covid-19 come in quello degli aiuti per fare ripartire l'economia, con questi super-comitati si vuole far credere che le scelte sono collegiali e improntate a ragioni di ordine «tecnico», anche se poi nei fatti sono altre le considerazioni che pesano.
Fa pure sorridere che da mesi la maggioranza di governo guardi ai finanziamenti di Bruxelles come alla manna da cui dipenderà il nostro futuro, senza capire che si tratta di un'illusione pericolosa. 207 miliardi in sette anni sono tanti soldi, senza dubbio, ma alla fine si tratta di circa 30 miliardi all'anno: e l'Italia, prima del crollo, aveva comunque un Pil di circa 1.750 miliardi. È chiaro, allora, che abbiamo bisogno di altro e che in particolare è indispensabile che le imprese piccole e grandi possano al più presto tornare a lavorare. Per rinascere, insomma, non serve un comitato che spenda i soldi altrui, ma è invece urgente ricostruire le condizioni che possono rimetterci in condizione di produrre.
Il proliferare dei comitati, alla fine, è soltanto fumo negli occhi.
Serve a nascondere il dominio effettivo di quei pochi che sono riusciti a occupare le stanze del potere, che le stanno usando secondo le logiche più stantie e che si trovano ad affrontare da soli, preoccupati in primo luogo del loro personale futuro una delle situazioni più complicate della nostra storia.
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