Tassista in coma dopo una rissa, tutti assolti: "Fu legittima difesa"

Gino Ghirelli entrò in coma nel 2017, in seguito a una rissa con due clienti

Tassista in coma dopo una rissa, tutti assolti: "Fu legittima difesa"

"Fa male, troppo male". Daniela Camilli, la moglie di Gino Ghirelli, il tassista in coma dalla notte tra il 10 e l'11 luglio 2017, non ce la fa più. Non ci crede più nella giustizia. In una giustizia che ha assolto per legittima difesa i due ragazzi che quella notte lo colpirono, durante una lite per il pagamento della corsa.

Gino, quella notte, stava viaggiando dal centro di Firenze a piazza Beccaria, portando sul suo taxi due ragazzi di 22 anni. Secondo il racconto dei due clienti, sembra che, una volta arrivati a destinazione, il tassista non abbia accettato il pagamento con il bancomat e li abbia accompagnati a prelevare. Poi, per un diverbio, erano volati pugni e testate. Gino era caduto a terra. Ma si era rialzato, aveva rimesso in moto il taxi ed era arrivato a casa. Qualche ora dopo, il malore che lo ha portato al coma. Da quel giorno, Daniela lo lava, gli asciuga la bocca e gli mette la crema, per evitare che si formino le piaghe. Avrebbero dovuto festeggiare i 45 anni di matrimonio quest'anno. Invece lui è sempre immobile, nel letto di un ospedale.

E giovedì la notizia più dura: i ragazzi sono stati assolti. Secondo il giudice, infatti, i due giovani di 22 anni avrebbero agito per legittima difesa: sarebbe stato il tassista a iniziare la rissa."Me lo hanno ucciso una seconda volta", scive la figlia Silvia in una lettera, pubblicata dalla Nazione: "Ci sono 4 testimoni che parlano di calci e pugni, mentre lui era a terra". Inoltre, avrebbero detto che sul corpo dell'uomo non c'erano lividi, ma Silvia è sicura di averli visti. Sostiene anche che la causa del diverbio sia stata la tentata rapina da parte dei giovani, che avrebbero provato a rubargli il portafoglio, a detta delle parole che Gino aveva pronunciato in una telefonata quella notte: "hanno provato a portarmi via il portafogli. Avvisate gli altri di stare attenti".

Ma, nonostante qualcosa non torni nella ricostruzione dei giovani, i due sono stati assolti:"Io e la mia famiglia siamo delusi e amareggiati: questa giustizia è ingiusta".

Tanta anche la rabbia dei colleghi di Gino, che sottolineano la pericolosità del loro lavoro: "Sui nostri veicoli salgono persone sconosciute. Non sappiamo né chi sono, né dove li accompagneremo".

Per questo, i taxi sono stati dotati di telecamere di sicurezza collegate con le forze dell'odine. E, per quanto riguarda il caso del collega in coma, "continueremo a tenere i riflettori accesi fino a quando non avremo giustizia".

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