Tecnica senza cultura: il fallimento di Macron

Emmanuel Macron, uomo certamente colto, sembra assolutamente avulso dalla storia di passioni ideologiche e politiche, un prodotto delle alchimie delle élite tecnocratiche francesi

Tecnica senza cultura: il fallimento di Macron
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Nel corso del Novecento, la Francia è stata, nel bene e nel male, l'alveo di grandi e opposte ideologie, il luogo dove si sono formate passioni politiche intense che hanno influenzato almeno tre generazioni in tutto il mondo. Il comunismo asiatico, soprattutto in Vietnam e in parte anche in Cina, attraverso l'esperienza personale di alcuni suoi protagonisti, come Ho Chi Minh che visse a Parigi, risentì molto dell'influenza culturale francese. Alcuni storici si sono interrogati, infatti, sulle influenze del giacobinismo francese sul comunismo in Asia, mentre Mao Zedong e Ho Chi Minh diventeranno le icone del maggio francese.

La Francia è stata la culla di grandi fermenti politici anche a destra, il gaullismo è stato un modello, ben riuscito, di destra sociale, dove il patriottismo è riuscito a superare la lotta di classe aggregando grandi masse di lavoratori. Lo scrittore André Malraux, che aveva avuto simpatie comuniste, fu ministro della Cultura di De Gaulle.

Lo storico, accademico di Francia, René Remond formulò la tripartizione in «tre destre» (Les Droites en France, il titolo del suo saggio), orleanista, bonapartista e legittimista, con riferimento alle vicende del XIX e del XX secolo.

Il presidente François Mitterrand fu impregnato di cultura politica, amò la storia ed elesse Niccolò Machiavelli a suo pensatore di riferimento. La sua raffinatezza e pragmatismo gli valsero il soprannome di «le Florentin». Da giovane schierato con la destra nazionalista, come leader socialista riuscì a conquistare l'Eliseo e fare del Partito Socialista francese la forza egemone della sinistra, ridimensionando il Partito Comunista.

Emmanuel Macron, uomo certamente colto, sembra, tuttavia, assolutamente avulso da questa storia di passioni ideologiche e politiche, un prodotto delle alchimie delle élite tecnocratiche francesi, come dimostra il suo curriculum di alto burocrate della Republique. È stato alto funzionario dell'Ispettorato generale delle finanze, poi banchiere d'investimento presso Rothschild, quindi vicesegretario generale dell'Eliseo con la presidenza di Hollande. Una eccellente carriera tecnocratica ma nessuna militanza politica e, soprattutto, una formazione tecnica, lontana da quelle culture politiche di cui la Francia è culla. Arriva all'Eliseo sull'onda della necessità delle élite di sbarrare il passo a Marine Le Pen e si noti anche, in pochi anni, il cambio di rotta politica. Macron è stato ministro di un governo socialista (è stato anche iscritto al PS), poi ha fondato un suo partito centrista, «En Marche», quindi ha ammiccato a destra con le nomine a primi ministri di Édouard Philippe e Michel Barnier, due uomini provenienti dal vecchio centrodestra. Fino alla contestatissima espressione in favore del maresciallo Petain. Per i detrattori di Macron queste facili oscillazioni sarebbero la prova della mancanza di idee forti e radicate in lui. Il tentativo di sostituire la mera prassi del potere verticalizzato alla politica autentica e classica.

Ora, mancano tre anni alla fine della seconda presidenza Macron e la Francia si ritrova in una crisi istituzionale che è lo specchio di una profonda crisi sociale e morale. Il contesto richiama alla memoria la crisi della Quarta Repubblica, con la crisi di maggio del 1958, il ritorno in auge del generale De Gaulle e l'approdo alla Quinta Repubblica semipresidenziale. «Il rigetto dei francesi del presidente della Repubblica non è mai stato così alto», afferma il saggista Alain Duhamel. In questi mesi si è consumato il fallimento della presuntuosa visione di una Francia tecnocratica, secondo Macron modernizzatrice e riformatrice, ma lontana dal sentire comune dei cittadini. È fallita soprattutto una politica senz'anima, priva di ideali, soprattutto in una delle nazioni che, nel bene o nel male, ha generato culture politiche. La storia di una nazione non può essere calpestata e, prima o poi, si prende la sua rivincita.

Una lezione anche per i macroniani di casa nostra, sperticatisi per

anni in lodi per il presidente francese, preso acriticamente a modello, salvo sparire negli ultimi mesi. Macron si è sempre dichiarato un estimatore di Eduardo De Filippo, forse per lui si prepara «Natale in casa Cupiello».

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