La terapia con Dbs compatibile con la Rm

I movimenti diventano rigidi e lenti. Si associano poi disturbi di equilibrio, atteggiamento curvo andatura impacciata e tremore a riposo. Sono sintomi motori con i quali si convive, quando si soffre di malattia di Parkinson. Un disturbo del sistema nervoso centrale, per il quale oggi, il progresso tecnologico, amplia la possibilità dei pazienti di avvicinarsi alla tecnica di neurostimolazione cerebrale profonda (Dbs, deep brain stimulation, usata da anni per combattere le problematiche motorie della malattia), senza dover più rinunciare all'esame diagnostico della risonanza magnetica.

La novità è rappresentata da dispositivi per la Dbs di Medtronic, approvati ora dall'Unione Europea e disponibili anche in Italia, con l'estensione dell'indicazione per la risonanza magnetica di tutto il corpo, sia per i nuovi pazienti, sia per la maggior parte degli oltre 130mila soggetti che, si stima, siano già stati impiantati in Europa, di cui 2.500 in Italia. Si tratta di sistemi che erano già stati autorizzati come compatibili con la risonanza magnetica, ma solo per l'encefalo e in situazioni limitate. «Stiamo parlando di una tecnica matura - spiega Gianni Pezzoli, direttore del Centro Parkinson di Milano - e al tempo stesso straordinaria, praticata da anni in molti tra i più accreditati Centri del nostro Paese, indirizzata ad un 5 per cento circa della popolazione dei pazienti, nei quali la terapia farmacologica non è più in grado di controllare i sintomi, oppure induce gravi effetti collaterali». In Europa la malattia di Parkinson riguarda una percentuale della popolazione compresa tra lo 0,13–0,15 per cento e tra questi, pazienti, il 50 per cento circa soffre di uno stadio avanzato della patologia.

«Anche se non si prevede un aumento esponenziale dei malati di Parkinson, soprattutto grazie agli approcci terapeutici a cui oggi può fare ricorso il paziente anziano (terapie antiaggreganti, anticoagulanti, antipertensive o antidislipidemiche), che migliorano la prognosi delle patologie neurodegenerative che subiscono un concorso anche di origine vascolare, negli anni a venire - aggiunge Pezzoli - ci troveremo a dover affrontare gli effetti di questa patologia.

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