"Fermati, fallo per le mie bambine". Lo ha implorato di fermarsi mentre veniva trascinata per i capelli dal clandestino nella vasca di scolo per l'acqua dove poi sarebbe stata stuprata. Ma Haitham Mahmoud Abdelshafi Ahmed Masoud, egiziano di 31 anni sbarcato a Lampedusa lo scorso maggio, non ha voluto sentire ragioni: ha violentato la 25enne a due passi dall'ospedale San Raffaele. Intercettato grazie alle tracce di Dna lasciate sul luogo dell'aggressione, ora lo straniero dovrà rispondere di violenza sessuale aggravata.
I dettagli choc dell'aggressione
Lo stupro risale all'alba della mattina di lunedì 9 agosto. La giovane, una 25enne italo-sudamericana dipendente di un'azienda esterna dell'ospedale San Raffaele, sta percorrendo una scorciatoia attraverso i campi che da Cascina Gobba conduce al nosocomio milanese passando dalla tangenziale Est di Milano. Ha gli auricolari alle orecchie per ascoltare la musica. Poco dopo le ore 6, viene raggiunta di spalle da uno straniero dall'apparenza innocua. La ragazza crede abbia fretta di spostarsi così accosta al lato della strada per farlo passare. Ma anche il passo dello sconosciuto rallenta. Insospettita, la 25enne prova a dileguarsi: è in quel momento che si accende la furia dell'uomo.
"Ti prego, fermati"
Lo straniero afferra la giovane per un braccio, lei prova invano ad opporre resistenza. Lo sconosciuto non dermorde: le agguanta i capelli trascinandola di forza all'interno di una vasca per lo scolo dell'acqua. "Ti prego, fermati. Fallo per le mie bambine", grida la 25enne in preda alla disperazione. Lui le schiaccia la testa contro l'asfalto, quasi fino a spezzarle il fiato, la stupra lasciandola poi svestita e ferita sul ciglio della strada.
Dopo la violenza, la vittima non ha neppure la forza di chiedere aiuto. In ospedale racconta l'accaduto alle sue colleghe che la convingono a rivolgersi alla Mangiagalli. I medici della clinica milanese, centro antiviolenza del capoluogo lombardo, accertano lo stupro e inviano la segnalazione in Procura.
Le indagini
Le indagini del caso vengono affidate alla squadra Mobile, guidati da Alessandro Carmeli e Achille Perone. La giovane ricostruisce minuto per minuti l'aggressione fornendo un identikit dettagliato dell'aggressore: "Era un nordafricano - riporta le dichiarazioni della giovane il Corriere.it - con i pantaloni corti, maglietta chiara e uno zaino".
Insieme agli agenti di polizia, la 25enne ritorna sul luogo dell'aggressione. Qui, gli investigatori recuperano un fermacapelli e gli auricolari della vittima sui cui sono impresse le tracce di Dna dell'aggressore. Ma sono le telecamere di sorveglianza cittadina e l'analisi delle celle telefoniche a stanare lo straniero.
Gli investigatori ricostruiscono l'intero percorso effettuato dello sconosciuto quella drammatica mattina. Dalle immagini s'intravede il sospettato seduto fuori da un parcheggio attorno alle 6.42; pochi minuti più tardi, si alza e si incammina proprio verso il sentiero che da Cascina Gobba conduce all'ospedale San Raffaele. L'analisi delle celle telefoniche indica un solo numero telefonico compatibile con quello spostamento. Il cellulare risulta intestato ad un'altra persona ma l'immagine del profilo WhatsApp corrisponde al volto dell'aggressore. Lungo il percorso gli agenti recuperano una lattina vuota e un mozzicone di sigaretta: il match con le tracce di Dna sul fermacapelli della vittima fuga ogni dubbio sulla identità dell'uomo.
Chi è l'aggressore
In pochi giorni, gli investigatori definiscono le generalità dello straniero. Si tratta di Haitham Mahmoud Abdelshafi Ahmed Masoud, egiziano di 31 anni sbarcato a Lampedusa lo scorso maggio. È un clandestino in attesa di asilo politico senza precedenti penali.
L'indagato è stato fermato nella mattinata di venerdì 27 agosto dagli
agenti della Mobile di Milano che lo hanno raggiunto in un appartamento in via Tartini, nel quartiere Dergano, dove vive con altri 10 stranieri. Il clandestino ora dovrà rispondere del reato di violenza sessuale aggravata.
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