Ticino, incubo autovelox: il 60% dei multati è italiano

Automobilisti italiani colpiti dall'autovelox al confine di Brogeda. Viaggiatori occasionali salassati. Gli svizzeri: "Non facciamo cassa, è per la sicurezza"

Ticino, incubo autovelox: il 60% dei multati è italiano

Fare cassa con i soldi degli italiani. È più o meno questa la sintesi di quello che sta accadendo in Canton Ticino, dove nell'ultimo anno gli autovelox hanno staccato multe per qualcosa come 9,3 milioni di euro e in 6 casi su 10 gli automobilisti fotografati erano cittadini italiani. Spesso transfrontalieri.

L'apparecchio "fissato" con la bandiera Tricolore è quello sull'autostrada di Balerna, non distante dal valico di Brogeda. I velox fissi elvetici hanno controllato 12,9 milioni di veicoli, il 47% in più rispetto all’anno precedente. Il Canton Ticino aveva messo a bilancio 1 milione di franchi come previsione delle multe e invece si trova con un tesoretto ben più ampio. Una manna per le casse statali e un salasso per i bilanci di chi solca la A2 in direzione di Chiasso. "L’autovelox di Balerna è stato piazzato alla fine del 2015 e chi percorre abitualmente l’autostrada da Mendrisio verso Chiasso naturalmente sa del radar e sta attento — dice al Corriere Eros Sebastiani, portavoce dell’Associazione frontalieri —. Il problema è soprattutto per i viaggiatori occasionali, in molti casi italiani o stranieri provenienti da altri Paesi. Non si può negare che quello sia il classico sistema per fare cassa, anche se gli svizzeri dicono che è stato messo per motivi di sicurezza".

"I controlli più insidiosi per i frontalieri ma anche per gli stessi svizzeri sono quelli con i radar mobili, che in base alle norme elvetiche possono essere anche nascosti — dice ancora il portavoce dei frontalieri —.

Gli italiani che hanno il permesso di lavoro per la Svizzera, se vengono multati e non pagano nei termini si vedono revocare il permesso. Gli automobilisti stranieri di passaggio, invece, se vengono fermati e hanno commesso un’infrazione devono pagare subito".

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