Toh, il sindaco pro immigrati ora non vuole più gli immigrati

Ora chiede l'emergenza. Anzi la pretende. E se il governo degli amici giallorossi non gliela concederà poco importa. Se la dichiarerà da solo come uno stizzito sovranista isolano.

Toh, il sindaco pro immigrati ora non vuole più gli immigrati

Ora chiede l'emergenza. Anzi la pretende. E se il governo degli amici giallorossi non gliela concederà poco importa. Se la dichiarerà da solo come uno stizzito sovranista isolano. Singolare metamorfosi quella di Salvatore Martello, meglio conosciuto come Totò, sindaco di Lampedusa. Un anno fa era un riverito e compassato progressista. Da ieri, complice l'arrivo d'un migliaio di migranti nel centro accoglienza della sua Lampedusa, ulula contro il governo incapace di fermarli e pretende navi militari per traslocare altrove i «disgraziati» diventati indesiderati. C'è da capirlo. Fare l'anti-Salvini al riparo dei decreti del cattivo Matteo era comodo ed elegante. In pubblico poteva spendere parole di fuoco contro il ministro simbolo della destra ingenerosa e disumana. In cuor suo, invece, se la poteva ridere sicuro e compiaciuto. Tanto a proteggere la sua isola e la sua reputazione bastavano i famigerati decreti sicurezza e tutte le misure che - dall'arrivo al Viminale di Salvini fino al 30 agosto del 2019 - hanno contribuito a ridurre drasticamente gli sbarchi. Conscio di quell'invidiabile fortuna, il buon Totò poteva atteggiarsi a profeta dell'accoglienza regalando distillati di politicamente corretto. «Noi siamo qui che li aspettiamo. Se arrivano sono i benvenuti» ripeteva mentre inneggiava allo sbarco dei migranti traghettati dalla Ong di Luca Casarini e dei centri sociali. E benvenuta per Totò era persino quella Carola Rackete che nella fretta d'accoglierne l'invito non esitò a speronare una fastidiosa motovedetta della Finanza. Del resto come biasimarlo? A sentir lui l'emergenza migranti era solo «speculazione ideologica». «In Italia siamo abituati a chiamare emergenza anche cose che non la rappresentano... le emergenze vere e proprie qui le abbiamo avute soltanto nel 2009 e nel 2011, cioè prima e dopo la Primavera Araba». In questa illuminata visione solidale e umanista gli illiberali decreti sicurezza non potevano certo trovar posto. Né - tantomeno - «rappresentare un deterrente contro gli sbarchi». Andateglielo a dire adesso mentre il Conte bis, per cui Totò a settembre si spellava le mani, fa di tutto per non applicare quei decreti. Andateglielo a dire mentre il centro d'accoglienza straripa, mentre i pochi turisti fuggono e i migranti campeggiano sulla banchina. Andateglielo a dire e al posto del profeta dell'accoglienza scoprirete una specie di cacciatore di migranti pronto a bloccarli sul molo e a pretenderne l'evacuazione su navi militari. E a far infuriare ancora di più il povero Totò s'aggiunge lo sgarbo d'un Salvini liquidato come un «giullare» per aver osato metter piede nella sua Lampedusa rinfacciandogli la passata arrendevolezza. A ben vedere non ha torto.

Di altri Salvini a Lampedusa non c'è proprio bisogno. Basta e avanza il buon Totò. Anche perché da quando gli odiati e inutili decreti sicurezza non vengono più applicati, è lui il più sincero e convinto nemico di ogni umana accoglienza.

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