"Condanna a 6 mesi per falso". Ma l'Appendino non si dimette

Il sindaco di Torino Chiara Appendino condannata a 6 mesi per falso ideologico. “Mi autosospendo da M5s, ma il mio mandato va avanti”

"Condanna a 6 mesi per falso". Ma l'Appendino non si dimette

Sei mesi. Questa la pena inflitta a Chiara Appendino per falso ideologico nell'ambito del processo Ream. La sindaca di Torino non dovrà però rinunciare al mandato in anticipo sulla scadenza. La giudice Alessandra Pfiffner l'ha assolto dall’accusa di abuso d’ufficio per il quale sarebbe scattata la decadenza dall'incarico previsto dalla legge Severino. ll processo si riferisce alla mancata posizione al primo bilancio dell'amministrazione di un debito di 5 milioni maturato dalla città nei confronti della società Ream. Condannati anche l'ex capo di gabinetto Paolo Giordana a otto mesi e l’assessore Sergio Rolando a sei. Prosciolto da tutte le accuse il direttore del settore finanza Paolo Lubbia.

“Sono stata assolta per tre reati su quattro - ha dichiarato la sindaca di Torino all'uscita dal tribunale - perché il fatto non sussiste. Resta l’episodio del 2016 e aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza ma continuo a essere convinta di aver agito per il bene dell’ente. Porterò a termine il mio mandato, questa sentenza non me lo impedisce. E mi autosospendo dal Movimento 5s come prevede il codice etico”. Appendino, che aveva scelto di essere giudicata con il rito abbreviato, glissa sulla possibilità di una candidatura bis: “Non mi pare che sia il tema di oggi”.

L'inchiesta penale era partita da un debito che il Comune di Torino aveva contratto nella precedente legislatura con il fondo immobiliare di Unicredit, Ream, come caparra per assicurarsi il diritto di prelazione sul progetto di rinascita dell'area ex Westinghouse. I cinque milioni dovevano essere restituiti nel 2016, ma la sindaca, insieme al suo ex capo di gabinetto, Paolo Giordana, all'assessore al Bilancio, Sergio Rolando, e al direttore del settore Finanza, avevano rimandato il rimborso per due anni consecutivi. Secondo l'accusa sarebbero stati proprio gli imputati a far sparire il debito da 5 milioni con un artificio contabile. E non riuscendo a far quadrare i conti, il magheggio di bilancio era l'unica alternativa giudicata spendibile rispetto a un taglio dei servizi alla cità: un danno d'immagine troppo rischioso per la giunta pentastellata al suo primo incarico. Un contraccolpo d'immagine che alla fine è arrivato comunque. "La tenuità della condanna dimostra l'irrilevanza del fatto. Leggeremo le motivazioni e ci appelleremo, fiduciosi di poter ribaltare la sentenza" ha però sottolineato Luigi Chiappero, avvocato della sindaca.

La parziale assoluzione di oggi segue l’archiviazione di un altro fascicolo che coinvolgeva Appendino, quello aperto sulla consulenza fantasma al suo ex portavoce, Luca Pasquaretta, che ha mandato a processo per peculato altri indagati ma la sindaca. Resta invece da discutere il processo per i fatti di piazza San Carlo che arriverà alle battute finali a metà novembre.

Ma se oggi in parte si chiude la vicenda giudiziaria si apre il caso politico con il Movimento cinque stelle. Immediata la decisione di autosospendersi dal Movimento in linea con le regole del codice etico pentastallato. Anche se altrettanto immediata è stata la precisazione di non aver intenzione di dimettersi.

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