"Pensavo che avrebbe continuato a negare sempre e per questo, quando in tribunale ha detto che voleva patteggiare la pena, un po' sono stata contenta". Il 51enne, che ha abusato di lei quando aveva 13 anni e che, per questo, è stato denunciato per "violenza sessuale aggravata", non andrà in galera. Colpa di una serie di scelte giudiziarie che infieriscono nuovamente sulla vittima che oggi ha 15 anni. Avendo scelto la via del patteggiamento, come ricostruisce La Nuova Sardegna, gli ha subito garantito che la pena scalasse da 7 anni e 6 mesi ad appena trenta mesi. Non solo. L'accordo tra la difesa e il pm Angelo Beccu ha, poi, previsto la riduzione un ultro terzo della pena che, lo scorso 12 giugno, il gup del Tribunale di Sassari Giancosimo Mura ha fissato a venti mesi con la sospensione condizionale. Niente in prigione, dunque. E nessuna misura restrittiva.
Per il turpe reato del 51enne è stata applicata la riduzione di due terzi. Come ricostruisce La Nuova Sardegna, l'abuso sessuale è stato deribricato a fatto di "lieve entità", come previsto nell’articolo 609 bis del Codice penale. "Solo dopo ho capito che grazie al patteggiamento non avrebbe fatto neppure un giorno di prigione - spiega la 15enne - ora potrà continuare a ridermi in faccia. La verità è semplice: noi vittime non contiamo niente". Adesso, come rivela il Corriere della Sera, la mamma della ragazzina sta pensando di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo per poter ribaltare quello che l'avvocato Agostinangelo Marras non fatica a definire "un mostro processuale". Tuttavia, quando una sentenza è frutto di un patteggiamento, può essere rivista soltanto presenta un vizio di legittimità. A questo dramma giudiziario, dunque, sarà difficile (se non impossibile) porvi rimedio. "Oggi chi mi ha fatto del male passa davanti a casa mia e ride mentre io ho paura di uscire - ammette la giovane - alla fine ha vinto lui".
Tutto ha inizio quando la ragazzina è in prima media e le viene diagnosticata la fibrosi cistica. "Dovetti fare molte assenze a scuola e fui bocciata", racconta al Corriere della Sera. È durante quell'anno che inizia ad avvicinarsi a un amico di famiglia che chiama "zio". "Mi dava dei bacini, mi sembrava normale, non avevo altri parametri di riferimento", spiega. "Poi sono arrivate le carezze, verso il seno e l’inguine.
Voleva chiudersi in camera con me quando andavo a casa sua, anche se c'era la moglie". Poi hanno iniziato ad arrivare i messaggi sul cellulare, anche di notte. È stato quando la madre ha scoperti quei messaggi che è scattato il campanello d'allarme.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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