Trump-Biden, sfida di insulti. È il declino del mito Usa

Mentre arrivava al termine il bruttissimo dibattito fra Trump e Biden, milioni di americani esploravano i siti che spiegano come ottenere la cittadinanza canadese

Trump-Biden, sfida di insulti. È il declino del mito Usa

Mentre arrivava al termine il bruttissimo dibattito fra Trump e Biden, milioni di americani esploravano i siti che spiegano come ottenere la cittadinanza canadese. Un'impennata. Quasi tutti i giornali hanno biasimato il tono, lo stile, le debolezze e la totale mancanza di fair play fra i due. Joe parla, Donald lo interrompe, Joe si rivolge al moderatore e chiede aiuto: «Non posso parlare se questo mi interrompe». E Trump: «Tu parla, non ti preoccupare, quelli che ti capiscono seguiteranno a capirti anche se ti interrompo». Un atteggiamento da bullo. E a Biden che protesta, il presidente che il moderatore chiama rispettosamente «sir» risponde: «Guarda che ho fatto più io in quarantasette mesi di governo che tu in quarantasette anni di vita». Questo gioco non somiglia al bridge. O al cricket. Somiglia di più allo «schiaffo del soldato». Ma bilaterale.

No, non era nel manuale del fair play. E infatti in un sol colpo sono saltati lo stile, la tradizione, l'utile benché ipocrita finzione del dibattito anglosassone. Naturalmente tutti gli americani e i giornali e persino la fedele (a Trump) televisione Fox hanno notato la decadenza che investe il mondo anglofono, visto che anche in Australia se le danno di santa ragione e nel Regno Unito c'è un po' di sconcerto sulle bizzarrie di Boris Johnson che comunque è infinitamente più colto ed elegante di Trump. Sta di fatto che anche in Inghilterra si assiste alla decadenza del famoso «fair play» che è alla base sia dello sport che della politica. L'incontro è drogato dal fatto che Trump si dice sicuro di un complotto democratico per fargli perdere le elezioni attraverso i voti per posta che i democratici vogliono imporre con la scusa (dice Trump) del Covid.

Ecco un'altra ferita al codice anglosassone secondo cui il perdente per tradizione deve ammettere cavallerescamente la vittoria dell'avversario. Trump, invece, si è riservato il diritto del dubbio. È stato a questo punto che alcune migliaia di americani hanno cercato su internet i moduli per chiedere la cittadinanza canadese. I democratici sono furiosi con Trump perché ha nominato Amy Coney Barrett al posto della leggendaria - a sinistra - Ginzburg che è morta. A Biden che lo rimproverava per la fretta con cui l'aveva sostituita, Donald rispondeva: «Io sono presidente per quattro anni, non tre e dunque è un mio diritto». E in effetti non c'è dubbio che Trump abbia agito nel suo pieno diritto ma la sua scelta ha scatenato una campagna d'odio per il fatto che la Barrett considera l'aborto legittimo, sì, ma non a spese dello Stato. Ieri il New York Times rivelava che Obama aveva supplicato la Ginzburg di dimettersi in modo da poter lui nominare il successore. Offesissima, la Ginzburg rifiutò e così quando è morta Trump ha scelto la giudice più vicina alle sue idee. Va ricordato che la prima a rompere le regole del fair play è stata Hillary Clinton quando ha consigliato a Biden di non riconoscere la vittoria di Trump.

Secondo gli esperti, Trump è andato male fra le donne bianche ma è andato molto bene presso gli afroamericani che sta corteggiando con un pressing notevole e la promessa di tre milioni di posti di lavoro, leggi giuste e la riparazione dei molti torti che i democratici hanno tollerato: «Non dimenticate che Abraham Lincoln, l'uomo che ha abolito la schiavitù, era repubblicano e i democratici gli mossero guerra con i cannoni, non con le parole».

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