Udine, la destra organizza campo profughi per italiani

L'organizzatore del campo, Stefano Salmé: "Vogliamo che questi italiani siano aiutati nello stesso modo in cui vengono aiutati gli immigrati e i richiedenti asilo"

Udine, la destra organizza campo profughi per italiani

Nel comune di Pavia di Udine, non distante da Villa Lovaria, lo storico edificio del XVII secolo dove il comune, tra le polemiche, aveva avanzato qualche tempo fa la proposta di ospitare alcune decine di immigrati, è sorto stamattina il secondo campo profughi per italiani. Una ventina di attivisti, infatti, all’alba hanno montato le tende in uno spazio verde sulla statale Udine-Grado, dove a partire da oggi alloggeranno alcuni senzatetto friulani. "Abbiamo scelto Pavia di Udine proprio per sottolineare la disparità di trattamento che questo Stato riserva agli immigrati rispetto ai suoi cittadini: per i rifugiati una villa aristocratica, e per gli italiani i giardini pubblici di Udine e Gorizia", spiega Stefano Salmé, presidente del Movimento Sociale Fiamma Nazionale e promotore dell’iniziativa. "È un’iniziativa che è stata organizzata dal mio movimento in collaborazione con Forza Nuova e Nessuno Tocchi il mio Popolo, e con le associazioni Solidarietà Nazionale e Pronto Soccorso Nazionale, sul modello del campo che da più di venti giorni va avanti a Roma, a via del Casale di San Nicola". Lo spazio dove sono state sistemate le tende del secondo campo profughi per i ‘rifugiati di casa nostra’ lo ha messo a disposizione un ristoratore del posto, che oggi si è pure occupato di cucinare per loro.

"In questo momento al campo ci sono quattro senzatetto italiani, di età compresa tra i 40 e i 60 anni, due di Udine e due di Gorizia: gente che ha perso il lavoro e che non ce la fa ad arrivare a fine mese" racconta Salmé, "in tutto sarebbero dovuti essere sei, ma due persone alla fine hanno deciso, per timidezza, di non venire. Credo però che già da domani, superato lo scoglio del primo impatto, potrebbero farsi coraggio e unirsi anche loro. Noi ovviamente li aspettiamo perché possano testimoniare anche le loro storie. Delle storie che, purtroppo va detto, anche noi finora abbiamo fatto finta di non vedere".

Come per esempio quella di Loris B., 44 anni, che da anni ormai vive in una tenda al Parco del Cormor di Udine assieme al suo gatto. Il gatto dopo un po’ gliel’hanno tolto gli animalisti dell’Enpa, perché secondo loro non era giusto che vivesse in quelle condizioni. Delle condizioni in cui viveva Loris, però, finora, non si è preoccupato nessuno. Anche Giorgio, 48 anni, vive al Cormor da quando ha perso il lavoro. Abita nella tenda accanto a quella di Loris: "Ci facciamo forza l’uno con l’altro", dicono. Loris per lo Stato italiano non ha diritto a nessun tipo di assistenza sanitaria perché il comune, per il fatto che non possiede un domicilio fisso, non gli rilascia i documenti. "Questa è una protesta ad oltranza", spiega Salmé, "e l’obiettivo è quello di ottenere un tavolo permanente con il Prefetto e con il Presidente della Provincia di Udine, nel quale verrà chiesto alle istituzioni che a questi italiani in difficoltà siano garantite le stesse condizioni di trattamento e gli stessi aiuti che sono garantiti agli immigrati e ai richiedenti asilo". Salmé spiega che l’iniziativa è collegata con quella di Roma: "Le nostre città sono invase dagli immigrati e ridotte in condizioni di degrado, mentre i nostri cittadini muoiono di fame.

Crediamo che quella di Nessuno Tocchi il mio Popolo a Roma sia un’iniziativa coraggiosa dal punto di vista civico e sacrosanta considerando la società in cui viviamo. Una società che ci riempie di buonismo quando si parla di persone in difficoltà che arrivano da fuori ma che chiude gli occhi di fronte alle tragedie di casa nostra".

Gli organizzatori raccontano che da stamattina molti cittadini sono passati al campo spontaneamente per testimoniare la propria solidarietà. Qualcuno ha portato una bottiglia di vino, qualcun altro solo una parola di conforto. Alcuni si fermano per firmare la petizione al Prefetto. Di fronte a queste scene il pensiero non può non andare alle immagini degli ultimi giorni: quelle delle principali città italiane trasformate in centri di accoglienza a cielo aperto. E ad Udine la situazione sembra non essere diversa, anzi, "è davvero un disastro", ci dice Salmé. "Ci sono profughi che stazionano in molte zone del centro e anche qui si sono registrati casi di scabbia". "Da quando è stata parzialmente bloccata l’entrata di Tarvisio adesso passano anche attraverso la Slovenia", prosegue, "un Paese dove è presente una numerosa comunità musulmana che fornisce loro gli appoggi logistici per entrare in Italia". "La situazione in Friuli, inoltre" prosegue l’organizzatore del campo, "dimostra che le affermazioni di Alfano e di Renzi su Schengen sono delle colossali menzogne: la maggior parte dei profughi infatti arriva da noi dalle frontiere comuni con l’Austria e Slovenia dopo essere entrati in Europa dall’Ungheria, seguendo la rotta balcanica". La porta per entrare in Italia, infatti, ormai è chiaro, non è solo quella del Mediterraneo centrale. Centinaia di profughi e clandestini dal Pakistan, dall’Afghanistan, dalla Siria, dall’Iraq entrano in Europa anche dalle foreste al confine tra la Serbia e l’Ungheria, senza nessun tipo di controllo. La destinazione per molti di loro è l’Italia. L’Italia di Loris, senza una casa e senza un lavoro, che si prepara alla prima di una serie di notti in tenda.
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