“Pur essendo spiacevole, sono costretto a richiamare ai reverendi ospiti la necessità di rispettare coscienziosamente il coprifuoco imposto dalle autorità statali. Mi sembra oltremodo fuori luogo e pericoloso che vi siano rientri in casa alle ore 0.30, 2.00 e 2.15 di notte”. Lo scrive monsignor Battista Ricca, il direttore di Casa Santa Marta in Vaticano, in cui risiede anche Papa Francesco, in un avviso affisso fuori dalla residenza, pubblicato dal sito Dagospia. “Il sottoscritto – continua la nota – pur essendo molto disponibile, non è tenuto ad alzarsi in piena notte per soccorrere qualche confratello incappato nei rigori delle forze dell'ordine. Pertanto a chi capita, spetterà l'onere di dimostrare chi sono, che cosa facevano in giro in piena notte o verso l'alba”.
Non è la prima volta che in tema di Covid-19 il Vaticano usa toni duri per richiamare all’ordine i confratelli o i dipendenti. Nei confronti di questi ultimi, due mesi fa, è stato pubblicato un decreto firmato dal presidente della Pontificia Commissione della Città del Vaticano, il cardinale Giuseppe Bertello. Il provvedimento prevede una serie di misure, che vanno dal demansionamento fino al licenziamento, per coloro che rifiutano il vaccino anti Coronavirus. Un atto che ha fatto discutere, dato che la vaccinazione non è obbligatoria. Il Vaticano ha evidenziato che “si ritiene il sottoporsi alla vaccinazione la presa di una decisione responsabile atteso che il rifiuto del vaccino può costituire anche un pericolo per gli altri e che tale rifiuto potrebbe aumentare seriamente i rischi per la salute pubblica”.
Tra le altre norme da seguire si rammenta il “divieto di assembramenti, la necessità del distanziamento fisico, l'adozione di dispositivi di protezione personale, le norme igieniche, i protocolli terapeutici e i protocolli di vaccinazione”. Sono previste multe pari a 25 euro per chi non indossa la mascherina e fino a 1.500 euro per chi vìola la quarantena. Ma i provvedimenti vaticani sono stati già criticati da chi ritiene le misure "punitive”. Per tutta risposta, il Governatorato vaticano spiega che la linea adottata dalla Santa Sede non intende essere “una forma repressiva nei confronti del lavoratore”, ma una linea di protezione sanitaria della collettività.
Si legge nella nota che “il decreto del Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano dell'8 febbraio 2021 in materia di emergenza sanitaria è stato emanato per dare una risposta normativa urgente alla primaria esigenza di salvaguardare e garantire la salute ed il benessere della comunità di lavoro, dei cittadini e dei residenti nello Stato della Città del Vaticano”.
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