Paolo Gabriele non sarà interdetto dagli uffici pubblici e non gli sarà sospesa la condizionale vista l'entità della pena. Lo scrive il tribunale vaticano nella sentenza con la quale ha condannato il maggiordomo del Papa a 18 mesi di reclusione per furto dei documenti riservati del Pontefice. L'uomo, quindi, non dovrebbe andare in carcere. In tal caso, comunque, sarebbe recluso in Vaticano e non in Italia come inizialmente ipotizzato. A dirlo è il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ricordando che Gabriele è ora ai domiciliari e che per ora non è stato presentato appello.
La sentenza è stata resa nota oggi dalla Sala stampa della Santa Sede. Secondo i giudici, il "corvo" ha agito in modo lesivo "nell’ordinamento vaticano della persona del Pontefice, dei diritti della Santa Sede, di tutta la Chiesa cattolica e dello Stato della Città del Vaticano".
In ogni caso non ci sono complici: è da "escludere un concorso vero e proprio del reato", anche se "ulteriori indagini sono in corso circa la sussistenza di altre eventuali responsabilità nelle fuga di documenti riservati". Per lo stesso caso è stato rinviato a giudizio anche un tecnico informatico del Vaticano, Claudio Sciarpelletti, accusato di favoreggiamento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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