Veleni per il Quirinale

Sarà un caso, ma da qualche tempo sui media escono notizie, o supposte tali, fake news o verbali mescolati con congetture e ipotesi inverosimili che danno vita a minestroni indigeribili

Veleni per il Quirinale

Sarà un caso, ma da qualche tempo sui media escono notizie, o supposte tali, fake news o verbali mescolati con congetture e ipotesi inverosimili che danno vita a minestroni indigeribili, che se da una parte raccontano episodi romanzati oscuri e non provati, dall'altra hanno finalità politiche - strumentali - piuttosto chiare. E l'orizzonte, non bisogna essere dei geni per capirlo, è il Quirinale. C'è stato il linciaggio di Matteo Renzi, non tanto perché a molti non è simpatico, quanto per una motivazione ben più prosaica: i suoi parlamentari forse potrebbero rivelarsi decisivi per l'elezione del nuovo capo dello Stato. In sintesi: gli si getta veleno addosso per condizionarlo. Poi, visto che la candidatura di Silvio Berlusconi per il Colle si consolida e ci si accorge che non è un ballon d'essai, si sono adoperati per silurarlo con leggende di mafia e, ora, di 'ndrangheta che hanno la stessa fondatezza dell'asino che vola. Romanzi di criminalità di quart'ordine, che non hanno nulla di vero ma puntano solo a sputtanare il bersaglio agli occhi dell'opinione pubblica.

Questi sistemi di killeraggio sono sempre stati utilizzati alla vigilia della corsa al Colle. Fin dai tempi della Prima Repubblica. Solo che all'epoca simili campagne le conducevano settimanali come OP di Mino Pecorelli, considerati dei reietti dal resto dell'informazione. Per queste operazioni si utilizzavano veline di servizi segreti, nostrani e stranieri, mischiando mezze verità in un mare di falsità. Chi prima, chi dopo ci sono finiti in mezzo tutti i candidati al Quirinale dell'epoca: da Fanfani ad Andreotti, fino, addirittura, al povero Aldo Moro. Ma, appunto, era un'informazione di bassa qualità, relegata nel Palazzo, che non raggiungeva una grande platea di lettori.

I tempi cambiano, i sistemi pure, ma non le finalità. Nella Seconda Repubblica in procinto di diventare Terza, c'è il quotidiano giustizialista che lo fa di mestiere (vedi Il Fatto), ma che usa fonti diverse dal passato. Tutto viene costruito sui verbali delle procure «politicizzate», cioè di quel potere che al giorno d'oggi fa e disfa tutto: che ci sia un canale di smistamento delle carte tra procure e giornali lo dimostra la richiesta di rinvio a giudizio di Piercamillo Davigo per rivelazione di segreti d'ufficio. L'obiettivo è sempre lo stesso: sputtanare con il mirino.

Siamo all'apoteosi della faziosità, ma purtroppo fa parte del gioco. Ciò che, invece, è fuori dalle regole al punto che non si può vedere, è che certe operazioni siano fatte da una trasmissione della tv pubblica come Report.

Lì, addirittura, sono arrivati ad accostare personaggi proverbialmente attenti alle regole e prudenti nei comportamenti come Gianni Letta alla 'ndrangheta, sempre con il solito obiettivo, azzoppare questo o quel concorrente al Quirinale. Insomma, si usano i veleni per condizionare la corsa al Colle, ma si rischia alla fine di avvelenare - è la storia di questi anni - l'intero Palazzo. Con arsenico per di più pagato con soldi pubblici.

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