Quindici gennaio 1993. Una data storica per la lotta dello Stato alla mafia. La mattina di venti anni fa veniva arrestato Totò Riina, capo di Cosa Nostra e latitante per oltre trent'anni. U curtu (così veniva chiamato il boss per la sua altezza) fu catturato sulla circonvallazione di Palermo, al primo incrocio davanti alla sua villa, in via Bernini (una zona semi residenziale), insieme al suo autista Salvatore Biondino. Alcuni anni della sua latitanza li aveva trascorsi proprio a casa sua, con la moglie, Antonietta Bagarella, e i suoi quattro figli. L'arresto maturò grazie alle dichiarazioni di un pentito, l'ex autista di Riina, Baldassarre Di Maggio.
Riina, una vita da criminale
Nato nel 1930, primo di sette figli, Riina perse il padre e un fratello a tredici anni. Ancora ragazzino, divenne così il capo famiglia, e si avvicinò alla vita criminale frequentando Luciano Liggio, la futura "primula rossa di Corleone", di cinque anni più grande di lui. Fu Liggio ad avvicinarlo al furto e al pizzo imposto ai contadini. A diciannove anni la prima condanna per Riina, per aver ucciso un suo coetaneo durante una rissa. Uscito dal carcere iniziò la sua "carriera" nella mafia. Diede inizio alla scalata ai vertici dell'organizzazione criminale nei primi anni Settanta, insieme a Liggio e a Bernardo Provenzano.
Nella lunga scia di sangue innescata per ordine di Riina si leggono i nomi di magistrati (Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino), giornalisti (Mario Francese), politici (Pietro Scaglione, Cesare Terranova, Rocco Chinnici, Alberto Giacomelli, Antonino Scopelliti), uomini delle forze dell'ordine (Giuseppe Russo, Boris Giuliano, Emanuele Basile, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Mario D'Aleo, Giuseppe Bommarito, Pietro Morici, Beppe Monmtana, Ninni Cassarà), imprenditori (Libero Grassi) e politici (Michele Reina, Pio La Torre, Salvo Lima).
L'omaggio di Corleonealle vittime della mafia
Per il ventennale dell’arresto la città di Corleone ha organizzato una festival della legalità, apertosi domenica e culminato oggi nell’intitolazione di una strada al vicequestore Ninni Cassarà, ucciso dalla mafia assieme all’agente Roberto Antiochia. Ieri Leoluchina Savona, sindaco del Comune in provincia di Palermo che ha dato i natali a Riina e ad altri boss come Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella, aveva chiesto scusa e perdono ai familiari delle vittime dei mafiosi corleonesi, consegnando loro, simbolicamente, le chiavi della città. A una rappresentanza delle tante vittime dei mafiosi, il sindaco ha detto: "Vi chiedo scusa a nome di tutti i corleonesi, vi chiedo perdono per il sangue che è stato versato. Quel sangue, però non è stato versato invano: nei vent’anni che ci separano dall’arresto di Totò Riina, nei sette che fra poco si compiranno dalla cattura di Bernardo Provenzano, quel sangue è servito a tutti noi per ricordare che una sola può essere la strada, uno solo il campo da scegliere in questa guerra".
Grasso: indagini mai interrotte
"Venti anni fa - ha detto Piero Grasso, ex procuratore nazionale Antimafia - dopo un enorme sforzo investigativo di magistratura e forze dell'ordine, veniva arrestato Totò Riina, il capo dei Corleonesi. Da allora le indagini non si sono mai fermate.
Voglio sottolineare l'importanza del lavoro di coordinamento svolto in questi anni dalla Direzione nazionale antimafia, testimoniato anche da alcune operazioni concluse in questi giorni grazie alla competenza del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di Finanza e del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato".
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