La verità dietro al "tweet-bombing" contro Di Maio: ecco cosa è successo

Il professor Matteo G.P. Flora smentisce le ricostruzioni fatte sino ad ora sul tweet-bombing contro Di Maio. Azione coordinata sì, ma niente BOT. E gli americani coinvolti sono pochi

La verità dietro al "tweet-bombing" contro Di Maio: ecco cosa è successo

Chi ha attaccato via Twitter il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a suon di #DiMaioOut? Si è trattato di utenti reali o di bot, software automatici programmati per postare o rilanciare contenuti?

La vicenda è dibattuta da giorni tra gli esperti del settore, ma adesso è il professor Matteo G.P. Flora, con ogni probabilità, ad aver messo un punto definitivo alla faccenda, chiarendo una volta per tutte la natura dell'offensiva social. Riavvogliamo per un attimo il nastro.

Luigi Di Maio viene accusato dai contiani e da larga parte della base grillina di aver fatto saltare il banco sul nome di Elisabetta Belloni, a capo del Dis che, nel caso in cui l'accordo tra il capo grillino Giuseppe Conte, il leader della Lega Matteo Salvini e il sergretario Dem Enrico Letta avesse retto, sarebbe potuta divenire presidente della Repubblica al posto di Sergio Mattarella. Quando il presunto "tradimento" di Di Maio emerge (il titolare della Farnesina si sarebbe mosso contro la linea dell'avvocato originario di Volturara Appula, telefonando peraltro al ministro della Difesa Lorenzo Guerini), il web esplode. E Twitter diventa un coro: "DiMaioOut".

Nascono così riflessioni e disamine su chi abbia mosso "guerra" nei confronti dell'ex leader politico del MoVimento 5 Stelle. Ad analizzare la "valanga", in prima battuta, ci pensano due esperti del settore come Pietro Raffa ed Alex Orlowski.

Poi, mentre i toni verso l'inquilino del Dicastero degli Esteri continuano a risultare accesi tanto sotto il profilo politico quanto sotto quello internauta, spunta l'approfondimento social del professor Matteo G.P.Flora, esperto di cybersecurity, che su Twitter esordisce così: "Riguardo alla questione di #DiMaioOut che sta girando in rete e alla battaglia tra @pietroraffa e @alex_orlowski è forse arrivato il momento di comprendere cosa è andato storto nell'analisi e perché. Partendo dall'errore fondamentale: la #qualità dei #dati". Flora presenta dieci post, uno dietro l'altro e tutti volti a declinare la verità dei fatti attorno al presunto tweet- bombing contro l'ex ministro del Lavoro.

Già nel secondo tweet emerge qualche dettaglio in più: "Infatti - scrive Flora - il monitoraggio fatto da @pietroraffa (24h dalle 22h00 del 29.01) riporta ~300 utenti unici e più avanti nel thread parla di grande parte di utenti provenienti dagli Stati Uniti. Ma entrambe le affermazioni sono false. Ed è colpa dei dati. »» 2/10". Raffa aveva parlato dell'utilizzo dell'hashtag da parte di meno di 300 account, sottolineando in qualche modo la natura coordinata dell'attacco a Di Maio. Non solo: rispetto a quanto descritto da Raffa, Flora tende pure a ridimensionare il fatto che l'offensiva social sia partita in larga parte degli Stati Uniti d'America. Tradotto in chiave giornalistica: Di Maio è finito dentro una bufera per volontà di utenti soprattutto italiani.

Dopo aver analizzato la provenienza dei tweet ed aver posto un accento sul fatto che, utilizzando un linguaggio complesso, sia molto difficile si tratti di bot, Flora passa a sciorinare le sue conclusioni: "Sono persone che agiscono per comune intento? Certo che sì, magari anche membri di un gruppo FB o TW per accordarsi. Sono bot o SockPuppet? Certo che no, e basta aprire uno qualunque dei top user per vederlo serenamente". La disamina di Raffa sarebbe fallace pure per via della piattaforma scelta dall'altro esperto per fotografare quanto accaduto.

Sentito in merito da IlGiornale.it, il professor Flora introduce l'argomento senza troppi giri di parole: "A questo punto - ci dice, riferendosi a quanto dimostrato - risulta evidente come le analisi proposte siano largamente errate sia nei dati presentati che nelle deduzioni che sono state portate a corredo. Partendo dai dati: gli strumenti usati dall'analista sono probabilmente adatti alle piccole campagne marketing ma non adatti ad un uso di analisi approfondita". E ancora: "Ripetendo le analisi con strumenti sufficientemente completi infatti troviamo lo stesso numero di cinguettii, ma il numero di utenti unici è largamente superiore (oltre a 1000)".

Per cui la questione del presunto tweet-bombing proveniente dagli Stati Uniti, per Flora, può essere destrutturata del tutto: "Non solo questo ma i fantomatici "utenti americani" sono poche decine di cinguettii, provenienti da un paio di utenti. Anche qui, dati errati, considerazioni errate. Infine il comportamento "coordinato" c'è stato? Sicuramente sì, come succede sempre su Twitter parlando di Sanremo, di Amici o di politica, ma non da parte di utenti "fake" o "bot", ma da veri utenti che hanno deciso di usare lo stesso hashtag". Un "attacco reputazionale", dunque, che non sarebbe artificiale.

Il che - come premesso - sarebbe facilmente deducibile sulla base di quanto riportato dalla piattaforma scelta per comprendere gli accadimenti informatici: "Si vede direttamente dalle analisi - incalza il professore - , con una pluralità di parole e termini e guardando i più attivi attentamente. Malizia dell'analista? Secondo me no - fa presente - , solo dati presi da una fonte non attendibile, dati che vanno bene per analizzare magari i consumo ma non usabili per quello scopo, usati comunque e male interpretati perché male carpiti e male analizzati dalla piattaforma".

Dunque la chiosa: "Valutare un "attacco #reputazionale" è un lavoro complesso, che richiede competenze di professionisti (come noi di The Fool peraltro) e enorme lavoro di controllo, che non può fermarsi a leggere 'cosa dice uno strumento'".

In estrema sintesi: non si sarebbe trattato di un attacco costruito ad arte mediante bot ma di un malcontento proveniente da persone reali. Persone che potrebbero appartenere per larga parte alla base grillina.

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