Violentata e torturata per giorni dai partigiani, poi uccisa a colpi di pistola. Era il 30 aprile 1945. Per Giuseppina Ghersi, morta a tredici anni, non dovrà esserci memoria ad Albenga, in quelle terre savonesi di cui “Pinuccia” – come la chiamava suo padre - era originaria.
Bocciata, in consiglio comunale, la proposta di intitolare una via alla piccola martire. Ogni volta una lezione diversa, slacciata dal reale, della democrazia antifascista. Questa volta è di storia. L’inquisizione dei nuovi Torquemada parla chiaro: la memoria vale solo se è frutto dell’antifascismo.
Così per il dramma delle foibe, ormai sbattuto nella gattabuia dell’indifferenza che assume i contorni dell’oltraggio – tra rigurgiti negazionisti e giustificazionisti, continui, nel Giorno che dovrebbe essere del ricordo per tutti, tanto che, solo il 10 febbraio di quest’anno, giorno delle celebrazioni, istituite con la legge 30 marzo 2004, abbiamo assistito a 150 manifestazioni antifasciste, come ricorda il Ministro Minniti -, così per le decine e decine di violenze da parte di tanti membri della Resistenza, negate, specie nel corso della Guerra Civile degli anni ’40 e ’50, degradate a fantasia erotica degli “avversari”.
Tra queste, quella di Giuseppina Ghersi. «Per il Partito democratico la tredicenne savonese Giuseppina Ghersi uccisa dai partigiani è indegna di dare il nome ad una via o piazza», commenta così Eraldo Ciangherotti, che insieme a Ginetta Perrone è uno dei consiglieri di Forza Italia promotori dell’iniziativa di intitolare una via cittadina alla giovane, bocciata nel consiglio comunale dello scorso 15 febbraio, con voto contrario del Partito Democratico, della maggioranza guidata dal sindaco Giorgio Cangiano, che commenta così con le parole di due suoi esponenti, l’assessore Mariangelo Vio e il consigliere Emanuela Guerra: «Pur condannando ogni forma di violenza crediamo che ci siano altri martiri che meriterebbero una intitolazione […] strumentalizzare la vicenda di Giuseppina Ghersi per scopi politici è deprecabile», come riporta savonanews.it.
Secco il commento dell’Anpi locale: «Albenga antifascista respinge la proposta di Ciangherotti di dedicare una via a Giuseppina Ghersi. Ora e sempre Resistenza»
Una città, Albenga, in cui c’è la volontà, da parte di alcuni, di seguire il belante trend nazionale che parla di democrazia e tolleranza, ma in realtà assume i contorni di una disperata pulizia del pensiero, molto vicina ad una censura totale e preventiva. Testimonianza paradossale di come a difendere la Costituzione, madre di figli che litigano, sia i figli di coloro che non l’hanno scritta, mentre a personalizzarla siano gli eredi di coloro che l’hanno creata.
Evidentemente non basta, per passare a martire della storia, a simbolo di quegli errori che oggi ci elevano a maturo Paese occidentale, e cicatrizzare le memoria sanguinante di un popolo, essere stuprata e poi uccisa a 13 anni. "Vittima del fanatismo di allora, vittima ancora una volta del fanatismo del Partito democratico insieme all'Anpi locale", denuncia Ciangherotti, "Per il Partito Democratico di Albenga, intitolare una via o una piazza a una bambina violentata e trucidata è un insulto alla città".
Ad Albenga, domenica 18, si stringerà un patto. Non quello di pacificazione nazionale, esempio di maturità di un popolo che vuole uscire dall’adolescenza, per entrare, coeso, nella modernità, ma quello antifascista con gli elettori, su organizzazione dell’associazione Fischia il Vento – che definisce l’antifascismo "un collante civile e democratico" e che commenta la vicenda Ghersi così: "È risultato evidente il tentativo strumentale di usare il sangue di quella povera ragazza per alimentare una campagna anti/resistenza" -, e delle Anpi del ponente ligure.
Armi di distrazione di massa, mentre tanti padri italiani senza lavoro piangono la notte di nascosto ai loro figli.
In Italia esistono due tipi di fascisti: i fascisti e gli antifascisti, parafrasando Ennio Flaiano, magari come quelli dell’anagrafe antifascista di Stazzema, che in nome di una battaglia di una nuova battaglia di liberazione popolare, stanno “schedando” migliaia di cittadini separandoli, di fatto, dal resto della società civile, come una distinzione, una discriminazione, come un cerchio magico garante, solo, di un’inutile anacronismo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.