D i solito capita nel mondo dello spettacolo. D'improvviso c'è il cantante, o l'attore, che da totale sconosciuto ha immenso successo con una canzone o un film: tutti lo conoscono, molti lo amano, qualcuno lo detesta, comunque sembra che non debba mai più uscire da sotto i riflettori e dalle nostre vite. Invece, per motivi imponderabili, da un giorno all'altro ha sempre meno successo, fino a scomparire rapidamente, dimenticato.
Senza voler mancare loro di rispetto ci mancherebbe è quanto sta accadendo e accadrà a epidemiologi e virologi. Quasi nessuno conosceva la loro esistenza, e quei pochi soltanto per sentito dire. In fondo, capita più spesso di avere bisogno di un dentista che di uno studioso dei microbi, e di un commercialista più che di uno studioso della diffusione delle malattie.
Finché, un giorno, bum, eccoti un virus nuovo di zecca che dalla lontana Cina in quattro e quattr'otto stabilisce il suo impero mondiale, detto Pandemia. Li ricordiamo, i primi epidemio/virologi, in febbraio, faticosamente rintracciati attraverso affannose ricerche nelle redazioni di giornali, radio, televisioni: scoperti, stanati e intervistati, spesso erano timidi, impacciati come capita a chi d'improvviso si trova alla ribalta. Poi hanno preso il potere, senza neanche volerlo né chiederlo, sui media e nei comitati.
Di epidemie e pandemie, anche recenti e ben più gravi di questa, è piena la storia. Ma stavolta è accaduto qualcosa mai accaduto prima: in nome del diritto alla salute (un concetto finora più teorico che reale), gli Stati invece di lasciar morire qualche decina o centinaia di milioni di persone, hanno interrotto i capisaldi della loro vita, che sono l'economia, il lavoro, la ricchezza, i diritti, gli scambi, le comunicazioni. E ci sono riusciti proprio per i suggerimenti di quegli studiosi fino a ieri ignorati, il cui potere è diventato di colpo immane.
Non si limitavano a dettare l'agenda politica e il da farsi. Come potentissimi opinionisti - con un potere che mai nessun opinionista ha avuto influenzavano umori e sentimenti, originavano schieramenti, dividevano e univano. Anche indossando la mascherina, venivano riconosciuti per strada e festeggiati dai pochi e sfuggenti che non si sarebbero accostati a altri che a loro.
Poi, d'improvviso, il declino imminente, dopo neanche tre mesi di regno. Fosse per loro, si capisce, continuerebbero a tenere tutto chiuso, non per vanità o libidine di potere, ma per prudenza e sicurezza. La politica però non li ascolta più, né a destra, né a sinistra, né al centro. La politica sa (per fortuna) che incombe l'altro virus, ancora più micidiale del Covid-19, che rischia di far cadere tutto il castello costruito in 75 anni di pace e lavoro e invenzioni e scoperte.
La politica ha deciso che adesso è il momento di rischiare, di ascoltare gli scienziati con un orecchio solo. E loro, i bravi saggi, scuotono più o meno lievemente la testa in televisione e in tutti i comitati.
Ma il loro momento è passato, e se dovesse tornare sarebbe il disastro, moriremmo per l'altro virus. Sono sicuro che, da uomini di scienza, anche loro non vedono l'ora di tornare al silenzio dei loro studi. Intanto, grazie, davvero.
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