Quando ancora il coronavirus era solo un nemico lontano e invisibile, alcuni ragazzi se ne stanno seduti al bar a bere un goccio tra amici. Tutto scorre da manuale. È un venerdì sera come gli altri. All'improvviso però il Veneto scopre che prima vittima italiana del Covid-19 è Adriano Trevisan, pensionato di Vo' col vezzo delle carte. Una giornalista si fionda sul posto, pizzica quei ragazzi seduti ai tavolini all'aperto e scaglia una domanda in diretta: "Siete preoccupati?". Uno dei presenti, cuffia in testa e sigaretta in mano, risponde d'istinto: "Ma no, no, no: noi abbiamo l'alcol che ci protegge". Video subito virale e risate in tutta Italia. Lui è Niky Sinigaglia, 24 anni tra pochi giorni, tipico accento veneto, buona parlantina e un sorriso goliardico che trapela pure attraverso il telefono: "Quel giorno era anche il compleanno della mia cara mamma, per quello che le può interessare".
Niky, cosa si ricorda di quella sera?
"Fino a qualche minuto prima di quel fatidico video per noi il problema era in Cina. Non qui tra noi. La giornalista ci ha spiazzati. E io ho dato una risposta impreparata".
Ma era una domanda seria.
"Lì per lì non avevo capito la gravità della situazione, come nessun altro. Poi abbiamo visto che nel giro di un'ora si sono svuotati bar, pizzerie e anche la piazza. Il paese deserto in meno di un'ora, una cosa impressionante. Nei giorni a seguire abbiamo iniziato a preoccuparci".
Come le è venuto di rispondere in quel modo?
"Sono un tipo molto spontaneo. Ma non so da dove mi sia venuta, forse perché noi veneti veniamo additati sul discorso dell'alcol..."
E a lei piace bere?
"Sì, le dico la verità. Ma non per ubriacarmi: mi piace il buon bicchiere di vino, uno spritz, la birra. Noi veneti in fondo siamo conosciuti anche per questo. E poi qui sui Colli Eugenei abbiamo più cantine che case. Il buon bicchiere di vino fa parte della nostra vita".
Cosa è successo dopo la pubblicazione di quel video?
"La gente mi chiamava e mi scriveva. Arrivavano cento richieste di amicizia su Facebook ogni ora"
Qualcuno l'ha offesa?
"Molti hanno capito che era stata una risposta buttata lì. Ma qualcuno mi ha insultato, dicendo 'guarda 'sto ignorante, 'sto imbecille, 'sto ubriacone'".
E in paese?
"Lo stesso. C'è sempre quel 2-3% che ti viene contro. Ma la maggior parte delle persone voleva farsi una foto con me. Tanti mi hanno chiamato ‘eroe’".
Addirittura.
"Non so dirle il perché"
Durante la settimana che lavoro fa?
"Sono un 'levabolli', una specie di carrozziere. Raddrizziamo le ammaccature delle auto, senza usare stucco o vernici ma solo con leve e ventose apposite"
Cosa le manca di più adesso?
"Proprio quel momento al bar. Per noi è una sorta di traguardo settimanale: alla fine dei nostri doveri, vogliamo concederci quello spritz e raccontarci la settimana tra amici. Noi veneti preferiamo far così che scriverci messaggi tutti i giorni o mettere una foto su Facebook"
Come è stata la vita in quelle due settimane di zona rossa a Vo’?
"Non è bello quando ti trovi ai confini del paese i militari, mascherina al volto e mitra in mano. Ma ho un ricordo positivo. Avevamo molta più libertà in quei 15 giorni che dopo col lockdown. Non erano vietati gli assembramenti e ci trovavamo a giocare a calcetto al pomeriggio: gente di 40 anni che giocava con ragazzi di 15. Bello, anche se in una brutta situazione"
È vero che quando hanno tolto la zona rossa eravate meno contenti di quando l’hanno istituita?
"Beh… in parte sì. Perché a Vo' tutti avevamo già fatto i tamponi. Alcuni clienti mi vedevano come un infetto, ma io gli dicevo: 'Ragazzi guardate che è il contrario, perché io di test ne ho già fatti due e sono risultato negativo ad entrambi, voi invece…'. Quando hanno riaperto il paese, abbiamo iniziato ad avere paura della gente intorno non controllata. Il nostro era un piccolo limbo, un guscio. Quasi quasi si stava meglio in quarantena"
Vi siete mai chiesti come sia arrivato il virus a Vo’?
"Sì, sono state fatte ipotesi e teorie"
Quali?
"Forse l'ha portato qualcuno da fuori. La Locanda al Sole (uno dei due bar focolaio, ndr) offre anche gli alloggi. E si ferma molta gente. È possibile che persone abituate a viaggiare, magari anche in Cina, abbiano alloggiato qui in zona diffondendo il contagio. Ma le possibilità sono infinite"
Però alla fine Vo’ non ha pagato un prezzo alto: tre vittime e pochi contagi. Merito del Modello Veneto?
"Ora non so dirle se abbiamo solo avuto una botta di cu.., ma a a quanto pare qui a Vo', porca miseria, siamo quelli che stanno meglio"
Anche stavolta il Veneto ha fatto di testa sua. Tamponi, chiusure, riaperture. Ha avuto ragione Zaia?
"Non sono un grande esperto di politica, ma sembra che le scelte abbiano dato i loro frutti. Quindi mi sento di dire, da veneto patriota, ben venga che Zaia abbia preso certe decisioni andando controcorrente"
È orgoglioso in quanto veneto o perché leghista?
"Non mi ritengo di nessun partito. Secondo me ha fatto la mossa giusta. Ha avuto i 'coglioni' per prendere quelle decisioni”
Fortuna o bravura?
"Una linea molto sottile. La stessa che divide il ‘buono’ dal ‘coglione’. Secondo me 50-50"
Tutti i residenti di Vo' sono stati sottoposti a tre tamponi. All'ultimo giro sono stati fatti pure i test genetici per capire perché molti non si sono infettati. Magari scoprono che è proprio l’alcol il segreto di Vo'...
(ride) "Devo dirle la verità, andando a letto qualche sera ci ho pensato. Mi sono detto: vai a sapere te se nella cavolata che ho detto salta fuori che sotto sotto avevo ragione.
Qual è la prima cosa che farà alla fine del lockdown?
"Conosce già la risposta. Uno spritz"
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