E pensare che sono passati solo cinque giorni da quando Sergio Mattarella ha controfirmato il Rosatellum, una legge elettorale approvata dal Senato a fine ottobre proprio strizzando l'occhio alla possibilità che una impasse dopo le elezioni porti dritto ad un governo di salute pubblica. Il nuovo sistema di voto, infatti, favorisce sì le coalizioni, ma non le vincola né ad un programma comune, né ad un candidato premier condiviso, rendendo più facile un rimescolamento nel caso in cui dalle elezioni non dovesse uscire un vincitore in grado di governare (ipotesi che resta tuttora la più probabile).
Eppure, trascorsa neanche una settimana, lo scenario di un nuovo patto del Nazareno tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi pare allontanarsi. Sia il voto in Sicilia che quello a Ostia, infatti, parlano una lingua decisamente diversa da quella delle larghe intese che hanno portato alla nascita del governo guidato da Enrico Letta e che avrebbero potuto salvare anche la prossima legislatura nel caso di un risultato simile a quello del 2013. Per due ragioni. La prima è la brusca frenata del tripolarismo, visto che a contendersi la vittoria sono stati centrodestra e M5s, con il Pd ridotto a spettatore. E con un dettaglio: sia in Sicilia che a Ostia, anche sommando i voti dei candidati sostenuti da Pd e Mdp, il centrosinistra sarebbe comunque rimasto fuori dai giochi. La seconda ragione è che la rottura tra Renzi ed i suoi ex compagni di partito è sì politica, ma soprattutto umana ed è altamente improbabile un accordo tra Pd e Mdp senza un passo indietro del segretario dem. Passo indietro che Renzi non ha alcuna intenzione di fare. Insomma, uno degli scenari più plausibili alle Politiche è che il centrosinistra si presenti diviso nei 342 collegi uninominali introdotti dal Rosatellum, con possibilità di successo ridotte al lumicino. D'altra parte, al momento è davvero difficile pensare che Pd e sinistra possano adottare uno schema come quello che in Sicilia ha portato alla vittoria Nello Musumeci. Al di là della distanza tra Berlusconi e Matteo Salvini, infatti, nel centrodestra esistono sia un'unità di intenti che delle esperienze di governo (dalla Sicilia alla Lombardia, passando per il Veneto o Genova) che spingono verso una convergenza. L'esatto contrario del centrosinistra, dove l'aggressività e la spregiudicatezza di Renzi hano così avvelenato i pozzi che oggi la principale ragion d'essere di Mdp è proprio l'antirenzismo.
A ora, dunque, è difficile immaginare un'area di centrosinistra che di qui a cinque mesi possa essere competitiva elettoralmente. Il che, però, non significa che in caso di un risultato non chiaro delle urne non si troverà la maggioranza per sostenere un esecutivo. Una cosa è la partita elettorale, altra la formazione di un governo.
Che magari non sarà di larghe intese, ma sostenuto dagli immancabili «responsabili» che spuntano fuori ogni qual volta c'è da salvare una legislatura (oltre a stipendi e pensioni). D'altra parte, se è durata fino all'ultimo giorno quella attuale di certo la legislatura più anomala dell'ultimo quarto di secolo , perché non dovrebbe tenere botta anche la prossima?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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