Crowe fa «Robin Hood» e sfida Douglas l’affarista

Il Festival di Cannes avrà una vasta rappresentanza americana e divistica. Si aprirà con Robin Hood di Ridley Scott il 12 maggio (due giorni dopo uscirà in Italia). Dopo Errol Flynn, Sean Connery e Kevin Costner, il ruolo del medievale bandito inglese tocca a Russell Crowe, cui voci d’ambiente attribuiscono la scelta di sostituire Sienna Miller con Cate Blanchett nel ruolo di Lady Marian.
In ordine di probabilità, secondo il mensile Ciak, arriverà al Festival il seguito di Wall Street, cioe Wall Street: il denaro non dorme mai, diretto sempre da Oliver Stone, con Michael Douglas e Shia LaBeouf. Ma la quota divi dovrebbe esser rafforzata dal fantascientifico e costoso - 150 milioni di dollari - Inception (Inizio) di Christopher Nolan, con Leonardo Di Caprio; dal semi-fantascientifico The Tree of Life (L’albero della vita) di Terrence Malick, con Brad Pitt e Sean Penn; da The Beaver (Il castoro) di Jodie Foster con Mel Gibson (i due avevano lavorato già in Maverick), su un depresso che comunica col mondo attraverso un pupazzo; dal drammatico Rabbit Hole (Tana di coniglio) di John Cameron Mitchell, con Nicole Kidman, sulla perdita di un figlioletto; da Fair Game (Gioco leale) di Doug Liman (produttore e regista della serie Bourne), con Naomi Watts e Sean Penn (già insieme in 21 grammi), nei ruoli della reale agente della Cia Plame Wilson e dell’altrettanto reale marito, l’ambasciatore Joseph Wilson, e del duro conflitto che li oppose al vicepresidente Cheney per l’aggressione all’Irak.
Ramo storia, cioè politica di ieri, Peter Weir, che non girava da Master and Commander (2006), s’ispira a un romanzo di Slavomar Rawicz per The Way Back (Il ritorno), con Colin Farrell, su un militare polacco prigioniero dei russi, che nel 1940 fugge da un campo di concentramento siberiano, giungendo in India. Stessa provenienza anche per il redivivo personaggio del Sole ingannatore (Festival di Cannes, 1996), che torna nel Sole ingannatore 2, sempre di e con Nikita Mikhalkov, sulla Grande Guerra patriottica dell’Urss.
Dal cinema politico a quello esistenziale. Dopo Paura e delirio a Los Angeles di Terry Gilliam, Johnny Depp appare in un altro film tratto da un romanzo di Hunter J. Thompson, ambientato stavolta a Portorico: The Rum Diary di Bruce Robinson, un progetto avviato fin dal 2002. Quanto a film dalla lunga gestazione, non scherza nemmeno Toy Story 3 di Lee Unkrich, che dovrebbe avere il posto d’onore tra i film d'animazione. Uno che invece non perde tempo e gira due film all’anno è Woody Allen, atteso con You Will Meet a Tall Dark Stranger (Incontrerai un estraneo alto e bruno) con Anthony Hopkins, Naomi Watts e Freida Pinto.
In quota italiani si sono candidati alla rassegna principale La nostra vita di Daniele Luchetti, con Elio Germano e Luca Zingaretti, presentato come storia di «un padre in lotta per crescere i figli»; e Noi credevamo di Mario Martone, con Toni Servillo (Mazzini), Luca Zingaretti (Crispi) e Luca Barbareschi (Gallenga, mancato attentatore di Mazzini). I fermenti del 1848 servono a Martone per puntare il dito sulle miserie del 2010. Per distillare tanto ha lavorato per tre anni.

Uno più svelto, Andrea Papini, sarà forse in una rassegna parallela con La misura del confine, su un delitto al confine italo-svizzero dopo la guerra: almeno sarebbe un italiano che non racconta storie prevedibili o storie a tesi.

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