Il Sequoia, che ho assaggiato nell’annata 2021, è un Fiano di Avellino docg Riserva prodotto con le uve raccolte a mano dai vigneti di Parolise, a 500 m s.l.m., e sottoposte a una selezione molto accurata. La massa viene poi divista in tre parti più o meno di eguali dimensioni, una fermenta a matura in botte grande di rovere austriaco, una fermenta e affina in barili più piccoli dello stesso legno, la terza fa solo acciaio. Le tre parti vengono poi assemblate e affinano per sei mesi sui lieviti fini, poi altri sei mesi di bottiglia. Alla vista appare giallo paglierino, al naso tropicale e piacevolmente balsamico, con richiami di mela e agrumi e un po’ di vaniglia, in bocca possente ed elegante, di buona sapidità. Gli abbinamenti sono gli antipasti all’italiana, primi non troppo carichi, torte rustiche e formaggi di media stagionatura.
L’Oikos, anch’esso un 2021, è invece un Greco di Tufo docg Riserva prodotto con uve che arrivano da Altavilla Irpina, anche in questo caso sottoposte a un’accurata selezione e poi affinate per metà in vasche di cemento e per metà in botti da 25 hl di rovere austriaco. Poi le due metà vengono assemblate e riposano per altri sei mesi in vasche di cemento e per altri sei in bottiglia. Il risultato è un vino dagli aromi esaltanti di macchia mediterranea, di erbe aromatiche, di salvia e timo, che in bocca ha piacevoli note agrumate e iodate che lasciano poi il posto a una scia di eucalipto, Crostacei, crudité, piatti di pesce e formaggi di media stagionatura.
Fondata nel 2005 dal medico appassionato di vini Lorenzo Fonzone Caccese nelle campagne di Paternopoli, uno dei diciassette comuni della docg Taurasi, la cantina Fonzone ha il suo cuore produttivo nella moderna cantina di 2000 mq circondata da vigneti la cui altitudine varia dai 360 ai 430 metri. L’approccio di Fonzone è stato fin dall’inizio improntato alla sostenibilità. “Lorenzo Fonzone, oltre alla passione per il vino – dice Silvia Campagnuolo Fonzone, che oggi guida l’azienda - ci ha trasmesso valori importanti come l’impegno, la precisione, l’ordine e il rispetto per la natura. Noi vogliamo fare tesoro di questi insegnamenti e seguire il solco che lui ha tracciato per poi trasmettere questa preziosa eredità ai nostri figli. Abbiamo scelto di fare vino e di farlo bene, con cura e amore”.
Nei 30 ettari vitati si coltivano le varietà simbolo dell’Irpinia: l’Aglianico (circa 12 ettari), Fiano d’Avellino (2ettari), Falanghina (3ettari) e Greco di Tufo (1 ettaro e mezzo). In vigna non vengono utilizzati diserbanti e la difesa fitopatologica è in accordo con i criteri di lotta integrata. Il suolo viene trattato solo con concimi organici e sovesci e la potatura mira al rispetto della pianta e a un carico di produzione molto basso per migliorare la qualità delle uve. L’azienda punta a ottenere nel giro di pochi anni la certificazione biologica, punto di approdo di un percorso nel quale è stata accompagnata passo passo da Luca D’Attoma, tra i più noti enologi italiani e pioniere della viticoltura biologica e biodinamICA.
Otto le etichette prodotte.
Oltre a quelle da me assaggiate e descritte, ci sono tre vini a base Aglianico: lo Scorzagalline Taurasi docg Riserva, il vino di maggiore struttura e ambizioni, il Mattodà Irpinia DOC Campi Taurasini, e l’Aglianico in purezza dei Campi Taurasini. Poi sempre a base Aglianico ecco l’Irpinia Rosato doc. Tra i bianchi il Le Mattine Falanghina Irpinia doc, il Fianod’Avellino docg dai vigneti di San Potito Ultra e il Greco di Tufo docg.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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