Podere Sapaio, l’utopia dell’ingegnere

L’azienda è stata fondata nel 1999 dal veneto Massimo Piccin, che si innamorò di Bolgheri. Oggi produce con pratiche più che biologiche due etichette, il Sapaio e il Volpolo, con uve Cabernet Sauvignon, Petit Verdot e Cabernet Franc che esprimono al meglio un territorio straordinario. E poi c’è il Paradiso dei Conigli sull’isola del Giglio, un bianco in anfora

Podere Sapaio, l’utopia dell’ingegnere
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Massimo Piccin è un ingegnere di Vittorio Veneto. Anzi era. Ora fa vino in Toscana, a Bolgheri. Nel 1999 ha mollato la sua azienda di famiglia per buttarsi nell’enologia. Avrebbe potuto scegliere il Prosecco, così vicino al suo luogo di origine e avrebbe potuto vivere da protagonista il boom commerciale di questa tipologia. Ma lui cercò in tutta Italia e si innamorò di questa zona della Toscana meridionale tra mare e colline. Acquistò la prima vigna, poi piano piano ha portato a termine delle acquisizioni che lo hanno portato a possedere 40 ettari, dei quali 27 vitati, tra Bolgheri e Bibbona, su terreni di straordinaria varietà geologica, tra sabbia, argilla e calcare. I vitigni coltivati sono esclusivamente quelli più vocati: Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Petiti Verdot. Tutti internazionali, per rendere onore allo spirito bordolese di questa terra etrusca.

L’idea di Massimo è semplice: crescere fino a un certo punto (secondo lui le centomila bottiglie sfornate attualmente sono perfino troppe) e concentrarsi su una viticoltura etica e sostenibile, che utilizzi la tecnica per curare e difendere le piante. Podere Sapaio interpreta una viticoltura che va anche oltre le regole del biologico, grazie all’utilizzo di induttori naturali come gli estratti di alghe brune e laminaria che fortificano le piante e l’olio essenziale di arancio e propoli che le curano. Due soli i vini prodotti: il più semplice Volpolo, un Bolgheri Doc, e il più ambizioso Sapaio, un Igt Toscana che ha rinunciato anni fa alla denominazione Bolgheri Superiore Doc perché parte delle uve che lo compongono arrivano da Bibbona, che si trova al di fuori dall’areale circoscritto dal disciplinare. Del resto quelle uve sono imprescindibili per dare al Sapaio la sua personalità e Piccin non è certo il tipo da rinunciare alla sua visione in nome di faccenduole burocratiche.

Partiamo per l’appunto dal Sapaio, che nell’ultima edizione uscita, l’annata 2020 – messa in commercio nell’autunno del 2023 - è un blend da uve Cabernet Sauvignon (70 per cento), Petiti Verdot (20) e Cabernet Franc (10) sottoposte a vendemmia manuale con selezione accurata, fermentazione alcolica a temperatura controllata in serbatoi di acciaio, e affinamento in barrique di rovere. Le bottiglie prodotte sono circa 15mila. Il colore è rosso rubino brillante, il naso sobrio, con note di ciliegie, cassis, di spezie, di pepe nero, di cacao. Il sorso è vibrante e dinamico, un po’ austero, con tannini molto eleganti e una promessa di longevità che può certamente arrivare fino a dieci anni e oltre. Il prezzo di vendita online varia tra i 70 e gli 80 euro a bottiglia.

L’altro vino, il Volpolo, è un’interpretazione molto più sbarazzina dello stesso terroir: l’uvaggio è più o meno lo stesso (Cabeneret Sauvignon al 70 per cento, Petit Verdot e Cabernet Franc si dividono il restante 30), la sosta in barrique è di 14 mesi, la produzione sale a 90mila bottiglie e di conseguenza scende il prezzo, che si colloca tra i 25 e i 30 euro. Si tratta di un vino di colore rosso rubino, di naso di ciliegia e frutti rossi, di spezie, erbe aromatiche e cacao. In bocca è più beverino, fresco e sapido. Comunque un grande assaggio.

Piccin, con la compagna Chiara che è continua fonte di ispirazione, ha anche un terreno di nemmeno un ettaro in località Le Secche, vicino al faro del Fenaio, sull’isola del Giglio, dove produce Il Paradiso dei Conigli, un vino bianco “utopico” (definizione che rubiamo dall’etichetta) da uve Ansonica e Biancone (90 e 10 per cento) che viene vinificato in recipiente aperto a contatto con le bucce e affinato per dieci mesi in clayver di ceramica. Il colore è un giallo intenso che vira sull’arancio, il naso è potentemente balsamico e salmastro, agrumato, resinoso, di roccia calda.

La bocca è vigorosa, salina, soddisfacente. Un grande assaggio. Purtroppo il vino è prodotto in settecento bottiglie che diventeranno in futuro 1.500, ma poi stop, e il prezzo ne risente: una novantina di euro. Ma i sogni, si sa, non hanno prezzo.

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