Totò Cuffaro, l'ex governatore di Sicilia che sta scontando in cella a Rebibbia sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia, passa al contrattacco. E a pochi giorni dalla notizia, data dal «Fatto Quotidiano» e ripresa poi da diversi giornali, dell'indagine aperta dalla procura di Roma sul sottosegretario allo Sviluppo economico Simona Vicari e su altri politici che sono andati a trovarlo in carcere, sospettati di aver portato in carcere persone che dovevano discutere con lui di affari immobiliari, prende carta e penna e smentisce tutto, minacciando denunce per quelle che a suo parere sono soltanto ignobili calunnie.
La lettera, affidata da Cuffaro al suo legale romano, l'avvocato Maria Brucale, è stata resa nota. «Mi rivolgerò all'autorità giudiziaria - scrive l'ex governatore - per fare valere le mie ragioni, e ho chiesto all'amministrazione del carcere di Rebibbia di valutare l'opportunità di fare altrettanto a tutela dell'immagine dell'istituito di pena e dell'operato dei suoi funzionari e agenti.Non ho mai ricevuto né tanto meno chiesto favoritismi - sottolinea Cuffaro - vivo in una cella con altri detenuti dove abbiamo circa 2,70 metri calpestabili a testa... nonostante ciò non mi sono mai lamentato e ho sempre vissuto la vita detentiva adeguandomi a ciò che mi veniva imposto. Non mi è stato concesso neppure un permesso di 24 ore per far visita a mia madre, che ha 92 anni ed è malata».
A proposito dei politici, tantissimi e di tutti gli schieramenti, che sono andati a trovarlo durante la detenzione, Cuffaro è tranchant: «È vero - dice ricordando che alle visite assiste il personale penitenziario, che ascolta anche le conversazioni - ho ricevuto le visite di moltissimi parlamentari di quasi tutti i partiti, così come ho scritto nei miei libri, sono state solo e sempre brevi visite, dall'esclusivo ma pregnante significato e valore umano. Quando si è nella sofferenza ogni segno di umana sensibilità è sacro. Non ho mai parlato con nessuno della tutela del mio patrimonio, non avevo e non ho motivo per farlo. Quello che ho è frutto del mio lavoro e di quello di mia moglie, è tutto documentabile, non ho nulla da nascondere e meno che mai ho cose nascoste». Di più. «Essendomi stato tolto da oltre un anno il vitalizio - aggiunge Cuffaro - quello che ho lo sta utilizzando la mia famiglia per vivere e per pagare quasi 500mila euro di spese penali al Ministero di giustizia e parte per risarcire la Regione siciliana per le sentenze di condanna della Corte dei conti per danno all'immagine della Regione e per danno erariale. È molto triste quello che hanno scritto questi giornali.
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