Maduro, il dittatore che sposta pure il Natale

In Venezuela Natale spostato d’autorità al 1° ottobre "per festeggiare insieme pace, gioia e sicurezza"

Maduro, il dittatore che sposta pure il Natale
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Natale spostato d’autorità al 1° ottobre in Venezuela «per festeggiare insieme pace, gioia e sicurezza». È l’ultima trovata del dittatore Nicolás Maduro, che quest’anno ha deciso di superarsi: nel 2023 il Natale di Gesù Cristo era già stato anticipato ufficialmente al 1° novembre. Ma l’urgenza manifestata stavolta ha in realtà una duplice e assai pratica spiegazione, che va oltre l’apparente pagliacciata latino americana. Da una parte, cercare di far passare inosservate le disperate proteste dell’opposizione democratica, trionfatrice reale delle presidenziali del 28 luglio scorso ma beffata da una proclamazione illegale a vincitore del caudillo Maduro (da cui discendono le parole d’ordine del regime «pace, gioia e sicurezza»); dall’altra (ma perfettamente legata alla prima causa) anticipare le elargizioni di Stato ai poveri che il regime concede in occasione delle feste natalizie: vi abbiamo fregato alle elezioni, ma eccoci qui buoni e bravi con tanti bei regalini per voi e per i vostri «ninos».

Di Venezuela si parla e si scrive, purtroppo, molto meno di quanto si dovrebbe. Oscurata da quelle terribili dell’Ucraina e di Gaza, la tragedia del Paese sudamericano tenuto in ostaggio da un dittatore brutale legato a filo doppio all’Asse globale anti occidentale capeggiato da Cina, Russia e Iran passa mediaticamente in secondo piano. Eppure Nicolas Maduro, l’ex conducente di autobus che nel 2013 ha preso il posto a Caracas del caudillo filocubano Hugo Chávez, ne fa di tutti i colori. Appena due giorni fa la Procura di Stato ha ordinato l’arresto di Edmundo González Urrutia, l’uomo che – se il Venezuela fosse un Paese normale – dovrebbe oggi essere presidente al suo posto. Prima di lui, Maduro aveva fatto catturare e incarcerare circa 1.700 persone in una caccia all’oppositore politico e al testimone degli spudorati brogli elettorali che è stata talmente brutale da causare non meno di 25 morti e non è ancora finita.

Urrutia (politologo ed ex ambasciatore di 75 anni) è ridotto alla clandestinità, così come la coraggiosa Maria Machado, la vera leader del fronte democratico del Venezuela, cui Maduro aveva impedito di candidarsi alla presidenza, sapendola popolarissima ormai anche presso i ceti più poveri, tradizionali sostenitori del regime. Il problema è che il Venezuela, Paese benedetto da disponibilità di petrolio colossali e fino a vent’anni fa tra i più ricchi dell’America Latina, è ormai alla bancarotta economica per le dissennate politiche chaviste.

Più di cinque milioni di persone sono scappate all’estero per sfuggire alla fame e alla privazione delle libertà, e molti premono ai confini degli Stati Uniti aggravando una crisi migratoria che pesa sul già teso dibattito delle imminenti presidenziali tra Kamala Harris e Donald Trump.

La triade «pace, gioia e sicurezza» di cui ciancia il regime di Nicolas Maduro mentre brutalizza i suoi oppositori è purtroppo molto più grottesca dell’assurdo Natale anticipato per decreto al 1° ottobre.

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