Censurare gli autori russi rende l'Occidente come l'Urss

Da Bulgakov a Solzenicyn, da Pasternak a Grossman, i grandi autori russi sono finiti nel mirino della censura sovietica e oggi in Occidente c'è chi vorrebbe ancora cancellarli ponendoci sullo stesso piano dei bolscevichi

Censurare gli autori russi rende l'Occidente come l'Urss

Strano destino quello dei grandi autori russi, prima censurati dai bolscevichi, poi dallo stalinismo e dall'Urss, oggi nelle democrazie occidentali.

Dopo la rivoluzione del 1917, ben presto i bolscevichi vogliono accentrare tutto il potere nelle proprie mani e non accettano voci contrarie alla “dittatura del proletariato”, a farne le spese è lo scrittore Nikolaj Gumilev portato davanti al plotone d'esecuzione. Un destino meno tragico ma altrettanto drammatico tocca a numerosi intellettuali, pensatori, filosofi esiliati in Occidente per non disturbare il nuovo regime.

Emblematico il caso Majakovskij, prima vate della poesia rivoluzionaria, poi apertamente osteggiato denunciando nei suoi testi Cimice e Bagno la nascita di un nuovo conformismo peggiore rispetto a quello pre rivoluzionario che si toglie la vita con un colpo di pistola alla tempia.

Incorre nella censura sovietica anche Michail Bulgakov, uno dei più grandi letterati del Novecento, a cui viene bocciata l'ultima parte del romanzo La guardia bianca. Allo stesso modo la descrizione dell'homo sovieticus con i suoi vizi e difetti che emerge nei racconti fantascientifici Cuore di cane e Uova fatali genera il disappunto delle autorità. Ma è il capolavoro di Bulgakov, Il Maestro e Margherita, a farne le spese venendo pubblicato a vent'anni dalla sua morte e tenuto nel cassetto dal suo autore mentre era in vita.

Se il periodo staliniano è il più violento nel reprimere intellettuali, poeti, scrittori e artisti inviandoli al confino in Siberia anche per una parola o un allusione fuori posto, dopo la sua morte le cose non migliorano. L'eredità staliniana porta con se l'uccisione di autori come Babel', Mejerchol'd, Cvetaeva e il lager per il poeta Mandel'stam. Ma la censura investe anche la poetessa Anna Andreevna Achmatova che non riesce a pubblicare per trent'anni i suoi scritti.

Si scontra con l'apparato anche il giovane scrittore Vasilij Grossman che non riesce a pubblicare la sua monumentale opera Vita e destino e ha il coraggio di mettere sullo stesso piano la violenza dei lager nazisti con quelli comunisti.

Vittima della persecuzione sovietica è il romanziere russo Solzenicyn che pubblica sulla rivista “Novyj mir”, il romanzo breve Una giornata di Ivan Denisovic in cui si parla per la prima volta di lager. L'apparato censorio interviene e blocca i romanzi successivi Divisione cancro e Primo cerchio che escono solo all'estero. Amaro il destino del poeta Josif Bordskij, prima arrestato da Kursciov e poi cacciato dall'Urss da Brezney.

Noto è il caso di Boris Pasternak e del suo Dottor Zivago, censurato in Urss e pubblicato in prima edizione dall'editore italiano Giangiacomo Feltrinelli nel 1957 dopo che il manoscritto riuscì ad uscire dall'Unione Sovietica.

Un editore di sinistra che ebbe il coraggio (e l'intuizione) di dare alle stampe un libro destinato a diventare un classico della letteratura nonostante il parere contrario del PCI. Emblema di come la cultura e la letteratura non debbano mai subire i condizionamenti della censura, ieri come oggi.

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