Riforma Rai, i dipendenti: "Partiti e lobby tengono in ostaggio la tv di Stato. E Renzi lo sa"

Sprechi, corruzione e scelte editoriali dubbie di viale Mazzini: "Ci sono patti di ferro tra reti e le società di produzione. E a rimetterci è il pluralismo che non viene rispettato"

Riforma Rai, i dipendenti: "Partiti e lobby tengono in ostaggio la tv di Stato. E Renzi lo sa"

Si avvicina l’ora x per viale Mazzini. Ormai abituata a "tenere banco" sulle prime pagine dei quotidiani, non certo per grandi meriti, la Rai è al centro dell’attenzione politica. E, soprattutto, delle mire espansionistiche del premier Matteo Renzi.
Ma sono sempre i dirigenti del settimo piano, quelli che sono soliti favorire o, semplicemente omettere, certe manovre, quelli che fanno il buono ed il cattivo tempo nella televisione pubblica. Ma chi in Rai ci lavora, magari da decenni, come Riccardo Laganà, rappresentate del movimento dei lavoratori Rai IndigneRai, come vive la situazione confusa e instabile dell'azienda?

"Non solo i dirigenti ma anche e soprattutto i giornalisti hanno un potere comunicativo enorme. Descrivono la loro verità, il loro punto di vista, quasi mai tenendo conto della preziosa collaborazione di chi la tv la realizza, la produce e la mette in onda."

E la vostra verità qual è?
"Pretendiamo che la dirigenza non ci ignori. Che la questione Rai non si trasformi, come è sempre accaduto, nell’ennesimo gioco di potere di un governo o di un altro. Viviamo il doppio ruolo di dipendenti e utenti del servizio pubblico e ci sentiamo di dover rendere conto all'utente che con fatica paga il canone."

Quello che fate e vedete in onda, vi piace?
"Purtroppo no. Le società di produzione dettano legge imponendo prodotti uguali, se non peggio, di quelli della concorrenza. Le modalità con cui il prodotto viene confezionato sono sempre poco trasparenti, così come i costi, la scelta dei registi, scenografi e tutto ciò che ruota intorno alla realizzazione di un programma."

Eppure, è tutto nero su bianco...
"Quello che non viene scritto su nessun documento ufficiale, sono i patti di ferro tra reti e le società di produzione. Patti che, quasi sempre, portano solo perdite per la Rai."

Perdite economiche?
"Sì, perché si preferisce utilizzare risorse esterne quando spesso ci sono figure interne obbligate a passare intere giornate a braccia conserte."

Alla voce "sprechi", oltre questa delle produzioni esterne, cosa c’è?
"Il timido tentativo del dg Luigi Gubitosi di dare un nome ed cognome a questi sprechi, si è concluso in un nulla di fatto. Infatti, troppo spesso ha ignorato le nostre segnalazioni in merito a sprechi e situazioni poco chiare. La Commissione di Vigilanza, espressione dei partiti, fatica a svolgere il suo ruolo di controllo. Per non parlare dei recenti scandali interi capannoni pieni di regalia non giustificati. Pagati con i soldi dei cittadini. Del resto, lo ha detto la stessa procura parlando di: "estrema omertà e vischiosità che si respira in seno a tutti coloro che lavorano o hanno lavorato per il sistema radiotelevisivo…"."

Oltre a sprechi, corruzione e scelte editoriali dubbie, la Rai è ancora l'industria culturale del paese?
"Se si legge la Carta Costituzionale, che è il nostro contratto di servizio e regola le questioni di viale Mazzini, ne viene fuori l’idea di una televisione che tutti vorremmo. Il problema è che le regole non si rispettano."

E Matteo Renzi sarà in grado di farle rispettare?
Con la scusa di una fantomatica "ottimizzazione" il premier ha deciso un prelievo di 150 mln di euro dai fondi derivati dal canone, mettendo in grave crisi i conti dell'azienda. Ha deciso di vendere una quota di Rai Way, svendendo un patrimonio infrastrutturale unico al mondo e pagato dai cittadini. Sono stati prelevati dei soldi senza un vero progetto di riforma. Ed ora vogliono fare tutto e subito. Addirittura con un decreto legge. Le sembrano delle buone premesse?

A marzo, volente o nolente, il sistema Rai verrà riformato. Cosa accadrà?
Noi abbiamo provato a proporre delle linee guida per questa riforma. L’abbiamo consegnata anche al premier Renzi dopo una sua ospitata in un programma Rai. È necessario rivedere la legge Gasparri e mettere mano alla governance. Ma la cosa più importante è ridurre il numero dei dirigenti: da 300 circa a poche decine. Ne verrebbe fuori un risparmio notevole ed un importante rilancio di immagine per la televisione pubblica. Se ne parla, sì. Ma, al settimo piano di viale Mazzini, nessuno ha mai perso il posto.

"Fare in fretta" è il vero diktat del Governo in merito alla Rai. Ma si sceglierà di mantenere il pluralismo, come prevede la Costituzione, o si opterà per una televisione sempre più filo-governativa con un amministratore delegato scelto dalla politica?
Quello che ci auguriamo tutti è che venga mantenuta l’essenza plurale della Rai. Ma quello che accadrà potrebbe non andare in quella direzione. Il contratto di servizio dovrebbe garantire che tutte le voci del Paese siano rappresentate nello spazio televisivo. Purtroppo nessuno controlla che queste direttive vengano rispettate. Abbiamo la netta sensazione che le lobby ed i partiti governino la Rai, al punto da condizionarne spesso i palinsesti.

Un esempio?
Alcune associazioni animaliste, dopo l’annuale maratona Telethon, hanno chiesto di poter dire la loro su un modello di ricerca che non prevedesse l’uso di cavie animali. Ad oggi, non hanno ricevuto nessuno spazio. Ennesima pessima figura.

Perché ennesima?
Beh, non ci siamo lasciati sfuggire nulla ultimamente: dalle immagini sfocate durante trasmissioni in esterna, come il discorso alla Consulta del presidente Sergio Mattarella, agli audio di pessima qualità.

Insomma, che Dio ve la mandi buona…

Sì, la riforma.

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