Lo "Scontro" va raccontato non nascosto

Alla fine parlare di conflitti culturali, della difficoltà ad abituarsi ad una determinata società per gli immigrati è diventato un vero tabù

Lo "Scontro" va raccontato non nascosto

Alla fine parlare di conflitti culturali, della difficoltà ad abituarsi ad una determinata società per gli immigrati è diventato un vero tabù. Quantomeno in Europa. O si racconta solo il lato edificante della multiculturalità o è pronta l'accusa senza appello di razzismo (e sia chiaro i razzisti esistono, ma questo non può obbligare gli altri a fingere che tutto funzioni anche quando palesemente non è così). E quando si parla di immigrazione con sfumatura negativa o della società multietnica con sfumatura negativa bisogna per forza ridurre tutto allo stereotipo del cattivone che non accetta i migranti.

Ecco allora, per una volta, segnaliamo una serie, molto cruda, di Netflix che invece indaga il lato complicato del mondo multietnico e tutte le ipocrisie radical chic. Si intitola Lo scontro e i protagonisti principali sono un operaio spiantato di origini coreane e una imprenditrice di origini cinesi che si è costruita da sola la sua fortuna a Los Angeles. I due si incontrano in un parcheggio e per poco non si scontrano. Da lì parte una spirale di violenza e di rappresaglie reciproche che inchioda allo schermo lo spettatore. La serie pensata dallo sceneggiatore di origini coreane Lee Sung Jin inanella in questa serie un sacco di temi. Ma tra le cose che emerge con chiarezza c'è la difficoltà di amalgamarsi in una società che pretende di schiacciare tutti su dei moduli comportamentali uguali per tutti dove domina un buonismo di facciata. Ma alla fine... Alla fine esplode tutto perché se sei una donna di origini asiatiche non hai voglia che tutti, soprattutto gli amici ricchi e radical chic, automaticamente ti trattino come se tu dovessi essere Zen su qualunque cosa. E se sei un poveraccio i cui genitori sono tornati in Corea dopo che negli Usa è fallita la loro attività e non riesci a spedire due soldi a cassa non è semplice integrarsi. E alla fine anche la tua comunità d'origine che ti dice solo e soltanto: «Vai in chiesa e sposa una ragazza coreana che è meglio», può iniziare a starti stretta. Perché il razzismo non va mai in un senso solo e bisogna ricordarselo.

Ecco se molte volte abbiamo detto che i prodotti seriali, soprattutto di Netflix, mettono il paraocchi su quanto sia complicata la convivenza o riscrivano la storia, in questo caso siamo invece di fronte ad un prodotto molto onesto, anche se ovviamente estremizzato e virato alla black comedy.

Guardare le difficoltà di un mondo multietnico e globalizzato -l'imprenditrice di origine cinese che lavora negli Usa si sente dire da una americana bianca «Stai attenta le tue merdate potrei anche copiarle e farle fare in Cina»- è l'opposto della cancel culture ed è anche il modo per non essere razzisti.

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