Atlante per un viaggio (coraggioso) contro la decadenza dell'Occidente

Nel suo Atlante ideologico sentimentale (Gog) Stenio Solinas parla di un mondo che sembra sparito. Ma che esiste e resiste ancora

Atlante per un viaggio (coraggioso) contro la decadenza dell'Occidente

La nostra è la generazione dello zapping, quella che compulsa in maniera ossessiva qualsiasi canale - della televisione o della vita - per cercare qualcosa che la soddisfi. In questa attività, la velocità è tutto. 1, 2, 6, 7. E poi: 9, 5, 3. Amazon Prime, Netflix e Disney+. YouTube e Spotify. Il pollice sfreccia continuamente, come se avesse delle convulsioni. Si salta di piattaforma in piattaforma tra uno sbadiglio e l'altro. Muta l'ordine degli addendi, ma il risultato è sempre lo stesso: la noia. Una noia che forse non sarebbe tale se avessimo la pazienza - e la voglia - di andare più in profondità, di scavare un po' di più. E questo in tutti gli aspetti della vita. Nel cinema, nella lettura (ma sono sempre i giovani che leggono) e perfino negli affetti (ma sono sempre meno i giovani che amano). Si inizia, ma non si arriva mai a una fine. Eterni vagabondi di un fast food chiamato mondo.

A volte, però, capita di fermarsi e di tirare un po' il fiato. Recentemente ci è successo con l'Atlante ideologico sentimentale (Gog) di Stenio Solinas. Un libro che non si compulsa, ma con cui ci si confronta e attraverso il quale si creano strade da percorre con calma - quasi fossero sentieri di montagna - con disordinata disciplina. Diviso in cinque parti (Italia, Francia, Donne (fatali), Vite (esemplari), Orientalismi, Esotismi, Snobismi) lo abbiamo approcciato secondo le richieste dell'autore: abbiamo cercato e creato un percorso che fosse il nostro. Siamo partiti da Alexandre Dumas e dai suoi Tre moschettieri. Che poi erano quattro - Athos, Porthos, Aramis e D'Artagnan - ed erano veri almeno quanto noi e voi: "Il vero Athos, Armand de Silègue d'Athos d'Auteville, è sepolto nella chiesa di Saint Sulpice. Ebbe vita breve, meno di trent'anni, morì probabilmente in duello: il corpo venne ritrovato lì dove di solito si andava per incrociare le lame delle spade, il parigino Pré aux Clercs. Il vero Portos si chiamava Isaac de Portau: non è certo che fosse moschettiere, di sicuro militò nella compagnia des Essart, quella in cui Dumas fa debuttare D'Artagnan. La sua fine è ignota, a differenza di quella del vero Aramis, Henri d'Aramitz, che rimase moschettiere fino alla fine, si sposò, ebbe quattro figli, morì cinquantenne nel proprio letto". E il protagonista D'Artagnan? "Si chiamava Charles Ogier de Batz, da moschettiere prese il nome della madre, Françoise Montesquiou d'Artagnan, e vi aggiunse un titolo di conte che non gli appartenteva, vi percorse tutti i gradi sino al comando, fu uomo di fiducia di Luigi XIV e suo braccio armato, morì certamente nell'assedio di Maastricht, non maresciallo di Francia, come lo promosse Dumas, ma più semplicemente maresciallo di campo. Dei tre moschettieri, il più moschettiere fu lui, il quarto appunto: più che fondersi negli altri fece da vaso di fusione". La storia, quella vera, aveva già pensato a tutto, dunque. Dumas si prese la briga di raccontarla in modo avvincente. Del resto, era stato lo stesso autore ad affermare che la storia era una bella donna da violentare "a patto di farle fare dei bei figli".

Moschettieri

Senso dell'onore, guasconeria, ricerca continua del beau gest: sono questi i tratti distintivi delle opere di Dumas. Che sono il nostro punto di partenza (e di passaggio) in questo viaggio attraverso l'Atlante ideologico sentimentale. "Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto", ha scritto Ariosto ne L'Orlando furioso. Audaci imprese e cavalieri. Ora è il momento delle donne.

"Madamina, il catalogo è questo": Bardot, Birkin, Coco (Chanel), Mata Hari, (Kate) Moss e (Edith) Piaf, solo per citarne alcuni nomi delle donne presenti nel libro di Solinas. Noi - lo abbiamo scritto più volte - siamo "bardolatri". Dovremmo dunque parlare di quella innocente malizia dell'eros che, negli anni Sessanta, compì la vera rivoluzione sessuale che anticipò il 68. Non questa volta. Oggi BB può aspettare.

Kate Moss

Oggi parliamo di Kate Moss che, a suo modo, rappresentò un momento di rottura, proprio come la bella attrice francese: "Come top-model è bassa, sotto l'uno e settanta, e quando alla fine degli anni Ottanta cominciò la sua carriera andavano di moda super-modelle amazzoni, Cindy Crawford, Christy Turlington, Linda Evangelista, Claudia Schiffer, che l'avrebbero potuta sbranare in un boccone. Era smilza, aveva un modo di muoversi reticente e incurante, un volto di cui gli zigomi orientali accentuavano l'innocenza provocante, i denti un po' storti. Vent'anni dopo, non è cambiato niente, è sempre al top, è sempre la stessa, dentatura compresa". Kate Moss è dunque se stessa. Come BB. Come ce ne sono poche in giro, dato che tutte le ragazze (e le donne) sono impegnate a somigliare all'influencer di turno.

Le audaci imprese: Ernst Jünger. Visse oltre un secolo e oltre il secolo. Fece della trincea il suo mondo. A 18 anni si arruola nella Legione straniera e viene spedito in Algeria, nel campo di Sidi Bel Abbès. Ma ci resta poco. Insieme ad un compagno cerca di fuggire, ma viene dermato in Marocco. Congedato, viene spedito in Germania. Non ha nemmeno il tempo di tornare sui banchi di scuola che scoppia la Prima guerra mondiale.

Junger

È il suo momento. La sua vocazione - essere un guerriero - fiorisce nel fango delle trincee.

Nazionalista, non appoggiò mai Adolf Hitler e il nazionalismo ("Gli facemmo ponti d'oro che lui sempre si rifiutò di attaversare", scrisse Joseph Goebbels nei suoi Diari), ma si macchiò di antisemitismo. Amava il caos della battaglia e l'ordinata anarchia della guerra. Visse in un tempo che non era il suo "senza però pretendere il diritto di essere escluso di questo soffrire".

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