Che avventura la vita della Fallaci. Sfogliare Oriana Fallaci. In parole e immagini (a cura di Edoardo Perazzi, Rizzoli, pagg. 300, euro 39; in libreria da domani) fa capire meglio di mille discorsi il posto unico occupato dalla scrittrice tra i grandi italiani. La biografia per immagini mostra quanto fosse - letteralmente - straordinaria. Tutto, nella Fallaci, è fuori dal comune: la militanza nella Resistenza ancora ragazzina; la presenza, unica donna, in redazioni affollate di colleghi maschi; l'essere sempre in prima linea, in Vietnam, Libano, Iraq; le interviste a personaggi mitici, da Paul Newman a Khomeini; la capacità di raggiungere chiunque trasformando le personali esperienze in libri di valore universale; la cura estrema riservata a ogni scritto, anzi: a ogni parola di ogni scritto; la schiettezza senza compromessi con la quale esprimeva le sue idee.
In Oriana Fallaci sono le fotografie a raccontare questa incredibile storia, iniziata e finita a Firenze (1929-2006). Molte provengono dall'archivio personale della Signora, e sono inedite o poco note. Le immagini sono accompagnate da brani della Fallaci stessa, tratti da opere, articoli, interviste, lettere, manoscritti. Tra le rarità, troviamo una lettera di Nigel Eatwell e Gordon Buchanan, soldati alleati cui i Fallaci offrirono rifugio a Firenze per un mese nel 1943. Nigel ringrazia, dichiarandosi riconoscente per l'eternità. Gordon invece manda un affettuoso saluto alla sua «mogliettina» (little wife) Oriana. Segno di un innocente amore adolescenziale che quasi vent'anni dopo sarà al centro del romanzo Penelope alla guerra (1962). Numerosi sono gli autografi. Ci sono i taccuini di guerra, ove il dato di cronaca si alterna a impressioni registrate al volo. C'è la prima stesura di Lettera a un bambino mai nato , affidata a un piccolo quaderno datato New York 1967: è questa una redazione, largamente autobiografica, molto diversa da quella definitiva consegnata alle stampe nel 1975 (auspicabile, a questo punto, l'edizione critica). Interessante anche la minuziosa scaletta di Un uomo (1979) destinata ad aiutare Alekos Panagulis: se il poeta greco, leader dell'opposizione ai colonnelli, non fosse morto in un sospetto incidente stradale nel 1976, il romanzo sarebbe stato la sua autobiografia. C'è infine il Prologo di Un cappello pieno di ciliege , la saga famigliare uscita postuma, accompagnato da un intricato albero genealogico. Tra le foto, spiccano quelle scattate con i militari italiani nel periodo del «ritorno al fronte», ovvero dei reportage dal Libano insanguinato dalla guerra civile nei primi anni Ottanta. Se da un lato testimoniano il clima di amicizia tra la scrittrice e i soldati, dall'altro mostrano come molti scatti rispondessero all'esigenza di fissare nella memoria alcuni particolari di Beirut. Infatti, la Fallaci ha preso appunti direttamente sulle fotografie, appunti poi rifusi in Insciallah (1990).
Nel diario della Guerra del Golfo, scritto nel 1991, si legge, in mezzo alle note su divisioni e reparti della coalizione, una frase sulla sabbia «fine come la cipria» che «ti entra negli occhi, nel naso, tra i denti...». Mette i brividi. La Fallaci attribuiva proprio alla fuliggine respirata in Iraq la colpa del tumore col quale lotterà negli anni successivi: «Da questa guerra torno con una ferita che non si vede... È una ferita nascosta dentro i miei polmoni, una ferita che si rivelerà chissà quando».
La straordinaria avventura della Fallaci ha un ultimo straordinario capitolo, quello de La Rabbia e l'Orgoglio , La Forza della Ragione e Oriana Fallaci intervista sé stessa-L'Apocalisse . Le immagini si diradano, certamente a causa della malattia. Fu un periodo di grande lavoro, fino all'ultimo, nonostante la sofferenza fisica. La Trilogia darà vita al primo (e per ora anche ultimo) dibattito di portata nazionale, e non solo, su temi quali l'immigrazione, l'islam e il politicamente corretto. La risposta dei lettori fu incredibile. La Rabbia e l'Orgoglio , da solo, ha venduto 700 mila copie in due settimane, raggiungendo poco dopo il milione.
Quando le chiesero, nel corso di un'intervista al Tg5, come si spiegasse un successo così travolgente, la Fallaci rispose: «Perché dico quello che penso e quello che penso è ciò che la gente pensa e quasi mai dice. E quello che la gente pensa e quasi mai dice è la verità».
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