La buona educazione tra madre e figlia: l'incubo della malattia

La buona educazione è un romanzo d'esordio fulminante, che scardina i preconcetti sull'idea di maternità e affronta il tema della malattia con uno sguardo quasi surreale

La buona educazione tra madre e figlia: l'incubo della malattia

La buona educazione è il romanzo edito da Edizioni E/O che segna il debutto di Alice Bignardi, scrittrice romana trapiantata a Milano che per il suo libro d'esordio ha scelto di trattare un argomento tanto comune quanto controverso: il rapporto che lega una madre e una figlia. La letteratura è piena di libri che raccontano i mille volti delle madri: basti pensare, ad esempio, a La figlia oscura, opera firmata da Elena Ferrante e diventata un film presentato al Festival di Venezia. Così una madre? Cosa rende una donna "degna" di essere una madre? Sono questi alcuni degli interrogativi che da sempre si inseguono sulle pagine dei libri e a cui anche la Bignardi ha cercato di dare una sua personalissima risposta.

La voce narrante del libro è quella di Lisa, una ragazza che ripercorre a posteriori la propria relazione con sua madre Antonella, una donna dal volto strano, ma piena di quella misteriosa bellezza che non solo rende impossibile distogliere lo sguardo, ma spinge Lisa a cercare sempre la sua benedizione, l'accettazione, persino quando i suoi sentimenti sono offuscati da un sentimento serpeggiante che somiglia tanto alla rabbia quanto all'odio. Lisa e Antonella hanno un rapporto burrascoso, che a tratti sembra malsano. Su Lisa, Antonella fa ricadere tutte le sue aspettative, quella buona educazione che passa dalla capacità di sbucciare una mela con coltello e forchetta fino alla capacità di parlare più di una lingua straniera e essere in grado di disquisire dei più svariati argomenti. Lisa è dunque una bambina prima e una ragazza poi che corre contro il tempo dettato da una madre che a lei chiede sempre tanto, che le chiede tutto: essere brava a scuola, essere magra, essere perfetta. Una madre che appare ora come una specie di dittatore e ora come un'amica segreta, da tenere nascosta al resto del mondo. Una madre che è diversa con il fratello e con la sorella di Lisa, una donna che è capace di diventare qualcun altro ancora quando veste i panni della moglie o quelli dell'amica.

La buona educazione, tra malattia e assenze

Come in una moderna e romana versione di Proust e della sua ricerca del tempo perduto, Alice Bignardi scrive un brevissimo romanzo pregno di tensione, in cui la storia non ha una vera e propria trama, ma passa attraverso la giustapposizione di momenti cristallizzati in un tempo ormai fuori portata, con la consapevolezza che errori e recriminazioni non sono più modificabili e che le cicatrici lasciate da passato difficilmente guariranno. La buona educazione è un romanzo intimo e privato, che racconta la sacralità di un amore materno profanato dalle aspettative, dalle regole troppo rigide e dal rancore provato da una giovane donna nei riguardi di colei che ha voluto plasmarla a propria immagine e somiglianza con la rigidità di un padrone. Eppure c'è qualcosa di estremamente affascinante che scorre tra queste due donne così diverse: qualcosa che distoglie l'attenzione dalle ingiustizie subite e si sofferma invece con delicatezza sull'ideale della madre, di questa figura quasi leggendaria in grado di risolvere tutti i problemi. "Mamma è una parola densa", racconta la voce di Lisa, prima di continuare: "Resta nell'aria. Occupa lo spazio che verrà riempito, come a dare più tempo di arrivare a chi viene chiamato. È un concetto che si comprende davvero solo quando è presente".

Ed è da questa frase che già si comprende l'atmosfera del libro, quel bisogno spasmodico di avere una madre al proprio fianco. E sempre da questa frase si può navigare verso l'altro grande tema del libro, la malattia e, di conseguenza, l'assenza. Alice Bignardi sorprende il lettore decidendo di parlare di un male che c'è, ma che non è come lo si conosce nella realtà, ma piuttosto come viene assorbito e ricodificato da una ragazzina che comprende che sua madre sta male, ma che non capisce la portata di quella malattia. In una famiglia dove si tengono sotto chiave sentimenti ed emozioni negative - perché non è educato mostrarli, non è consono - Lisa si trova a dover fronteggiare un mostro di cui non conosce stazza e potenza e l'unica cosa che può fare, in barba alle eroine tragiche e buoniste che hanno sempre popolato la letteratura, è qualcosa di discutibile, ma profondamente umano: chiude gli occhi. Cerca di non vedere, cerca di non pensare: fa le valige e parte verso un altro angolo di mondo, con la speranza che oltre i confini del giardino di casa sua le ombre non possano seguirla. La malattia di Antonella, in questo senso, è una malattia quasi surreale, appartenente alla sfera del fantasy: e non perché non esista, ma perché viene raccontata da pochi dettagli di una mente in subbuglio, piena di timori e sentimenti a cui non sa dare voce.

Sebbene La buona educazione sia, con le sue 123 pagine, un "romanzo-lampo", Alice Bignardi scandisce bene il ritmo e la costruzione della tensione, facendo sì che sia impossibile distogliere lo sguardo dalle pagine anche quando la lettura si trasforma in una lama affilata pronta a colpire al cuore il lettore.

La buona educazione di Alice Bignardi

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