È un capolavoro d’autore il primo film cinese che parla apertamente di droga

Alla Festa del cinema di Roma la pellicola «Duzhan» diretta da Johnnie To. Una gangster story piena di colpi di scena che immortala un Paese tutt’altro che esente dalla piaga sociale del traffico di stupefacenti

È un capolavoro d’autore il primo film cinese che parla apertamente di droga

Ad oltre trenta anni dall’esordio e con una filmografia che conta più di una cinquantina di titoli, il regista Johnnie To torna a cimentarsi con il genere che l’ha reso celebre, il film di gangster, affiancato dal suo «complice» abituale, vale a dire il regista e sceneggiatore, Wai Ka-fai (che qui firma la sceneggiatura). «Duzhan» (La guerra della droga), ambientato nella Cina continentale, affronta in modo assolutamente inedito per il Paese comunista, il tema del traffico di droga. In questo ganster-movie coreografato con un grande senso dello spettacolo da To, si racconta la storia di Ming, cinico trafficante di droga che, dopo essere stato catturato dalla polizia, mentre fuggiva dopo l’esplosione del suo laboratorio in cui si fabbricava droga sintetica, è costretto a collaborare con la squadra anti-droga che vuole mettere le mani sui registi di uno dei più vasti mercati del Paese asiatico. Questo lo spunto narrativo da cui parte To per proporre un film di genere dove si rispettano gran parte delle regole del canone ma che ipnotizza lo spettatore per delle scelte registiche audaci quanto efficaci. Nell’arco di poco più di 24 ore si consuma la concitata organizzazione di questa colossale operazione anti-droga. Da cineteca la scena in cui la polizia si mimetizza con i boss malavitosi che controllano uno dei più grandi porti di pescherecci della zona meridionale del Paese e per non tradirsi sono costretti ad autorizzare una massiccia uscita dal porto di tutti i pescherecci contemporaneamente.

Il bene e il male si mescolano e si rimpallano i ruoli in un racconto dal ritmo frenetico. Colpisce anche lo straordinario uso di uomini e mezzi senza praticamente far esplodere nemmeno un colpo di pistola nella prima metà del film. La pellicola immortala poi una Cina tutt’altro che oleografica e tradizionale.

Dove si evince che il problema della droga è tutt’altro che secondario e che lo Stato non lesina mezzi e uomini per combattere questa grande piaga sociale. Ed è strano che il primo film cinese a parlare apertamente di droga mostri così impietosamente lo stato avanzato di questa pandemia.

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