Un finanziere di origine italiane tramutatosi in truffatore, nei primi decenni del Novecento, sconvolse l'America ideando un tipo di frode tanto semplice quanto efficace capace di calamitare l'avidità delle persone su prodotti aventi, sul lungo termine, un grande rischio. Charles Ponzi è noto oggigiorno per il suo "schema" fondato sullo sfruttamento degli investimenti a leva coinvolgenti un'ampia rete di persone e capitali sempre più consistenti. Ma suo modo la sua storia è quella di ogni grande tempesta finanziaria del Novecento e dei giorni nostri, e al contempo un racconto dei guai che l'America spesso si trova ad affrontare quando decide di ballare il sabba della finanza sregolata.
Le promesse mirabolanti di Ponzi
Ponzi, immigrato italo-americano nato a Lugo, in provincia di Ravenna, nel 1892 e morto, dopo diverse peripezie, a Rio de Janeiro nel 1949, iniziò una business su larga scala dopo il suo arrivo negli Usa scrivendo un vademecum per gli investitori e iniziando tra il 1918 e il 1919 a commerciare nella città di Boston i buoni di risposta internazionale (Irc) utilizzandoli come merce di scambio con i francobolli statunitensi. Irc spagnoli o italiani dal valore di 5 o 10 centesimi di dollaro l'uno, scambiabili con francobolli, iniziarono a essere cambiati con francobolli Usa da 10/20 centesimi, garantendo a Ponzi profitti del 50-100%.
Nei mesi convulsi seguiti alla fine della Grande Guerra, la ripresa dei contatti tra le varie parti del mondo faceva leva anche sulla ripresa degli scambi di denaro, titoli e informazioni per cui gli Irc erano una sorta di "passaporto postale" convertibile, in ogni Paesi, con dei francobolli. Ponzi, sbarcato in America con soli 2 dollari e 50 centesimi in tasca, li sfruttò per mettere in piedi un business su cui innestò la sua frode: egli raccolse capitali per mettere a terra una serie di operazioni complesse. Il primo passo era inviare soldi in Italia per far acquistare da un mandatario locale ampie quote di Irc. Gli Irc erano poi inviati negli States, per essere poi scambiati con francobolli statunitensi dal valore proporzionalmente maggiore e, con la vendita di questi ultimi, garantire un guadagno per l'arbitraggio.
Il re di Boston
Ponzi parlava di profitti potenziali che potevano toccare il 400% e arrivò a promettere margini del 50% in tre mesi: di per sé la pratica non era illegale, ma era truffaldina la promessa di lauti guadagni fondati sull'accumulazione di capitali presi a prestito da privati per remunerare la crescente necessità di denaro da parte del suo business. Ponzi, uomo di cultura, capace di una fine dialettica e aperto al dialogo e al confronto, incantava i suoi interlocutori: nel recente romanzo Lo Schema Ponzi, scritto da Filippo Mazzotti e Paolo Bernardelli, dedicato proprio alla figura del finanziere di origini italiane, queste sue doti sono esemplificate in un dialogo fittizio tra Ponzi e la folla. Acclamato da una folla che lo esalta come "il più grande italiano della storia" Ponzi, nel romanzo risponde: "No! Sono il terzo più grande. Cristoforo Colombo ha scoperto l’America e Marconi la radio..." per essere interrotto da un vociare indistinto che afferma: "Sì, ma tu hai scoperto i soldi!".
A Boston tra il 1919 e il 1920 tutti parlavano delle opportunità di business offerte da Ponzi. Nel luglio del 1920 il finanziere, che l'anno prima aveva fondato la Securities Exchange Company, aprì un conto nella Hannover Trust Bank, avendo accumulato milioni di dollari, ed assunse il controllo della banca, rilevandone il 38% del capitale. Come riporta Starting Finance, Ponzi allora aveva ottenuto almeno 15 milioni di dollari di capitale da 40mila investitori e "Clarence Barron, famoso analista finanziario, valutò attentamente la società di Ponzi arrivando alla conclusione che avrebbe avuto bisogno di 160 milioni di francobolli per poter davvero garantire ai suoi investitori i soldi promessi".
La caduta di Ponzi
Presto, a metà 1920, il gioco iniziò a scricchiolare: Ponzi aveva garantito a tutti i partecipanti ricchi guadagni in cambio di denaro preso a prestito e effettivamente ai primi partecipanti alla rete aveva garantito la restituzione della somma investita con tanto di interessi, facendo credere che il sistema funzionasse veramente e incentivando un'estensione della piramide. In seguito, la società di Ponzi continuava a pagare gli interessi con i soldi via via incassati fino al momento in cui il Boston Post non iniziò a pubblicare una serie di articoli al veleno contro lo schema di Ponzi, sottolineando che i francobolli disponibili erano solo 27mila.
Tra luglio e agosto 1920, questo causò una vera e propria "corsa agli sportelli" degli investitori di Ponzi, che dopo aver restituito 2 milioni di dollari vide il suo castello di carta frenare sotto la mole di richieste e la Security Exchange Company franare. Ponzi finì arrestato dopo un'indagine delle attività da lui svolte operata dallo Stato del Massachussets e nel novembre dello stesso anno fu infine condannato per frode postale alla pena di 5 anni di carcere, dei quali ne sconterà solo 3 e mezzo.
Dalla Romania a Maddoff, gli "eredi" di Ponzi
Lo schema Ponzi fu una delle eredità dell'era della finanza allegra pre-Grande Depressione ma ha avuto, dopo la seconda guerra mondiale, diversi casi di emulazione su larga scala. In Italia un caso emblematico fu lo scandalo Giuffré degli Anni Cinquanta, mentre non é un caso che gli esempi di truffe alla Ponzi abbiano iniziato a moltiplicarsi dopo la graduale globalizzazione dell'economia, la fine della convertibilità tra dollaro e oro del 1971 che ha aperto la strada alla moneta svincolata da riferimenti economici concreti e la graduale finanziarizzazione dell'economia legata all'ascesa dell'ideologia neoliberista a governatrice dei flussi commerciali e di capitali su scala globale.
Dal 1970 al 1984 una nota truffatrice portoghese, Dona Braca, creò uno schema simile basato su prestiti e interscambi di denaro che le consentì 85 milioni di dollari di profitti in una fase in cui l'economia lusitana era tra le più povere d'Europa; negli Anni Ottanta la californiana J. David & Company, società di scambio di denaro e materie prime, operò uno schema Ponzi sulle divise straniere che bruciò circa 200 milioni di dollari. Negli Anni Novanta la Romania post-comunista vide oltre un miliardo di dollari sparire nella truffa finanziaria dello "schema Caritas" e si ritiene che parte del collasso politico-istituzionale dell'Albania nel 1997 sia stato legato allo schema Ponzi di massa compiuto dalle autorità finanziarie nazionali.
Gli anni precedenti la Grande Recessione, tra il 2005 e il 2008, furono caratterizzati dal collasso di molteplici schemi alla Ponzi nella finanza statunitense, che ebbero il loro big bang nel caso di Bernie Maddoff, l'ex presidente del Nasdaq e finanziere che l'11 dicembre 2008 fu accusato negli Usa di aver creato una truffa compresa tra i 50 e i 65 miliardi di dollari (una delle maggiori della storia degli Stati Uniti) proprio sul modello dello schema di Ponzi, attirando nella sua rete molti fra i maggiori istituti finanziari mondiali e utilizzando miliardi di dollari incamerati nelle principali banche d'affari di New York per investimenti rischiosi e ad altissima volatilità. Maddoff fu condannato a 150 anni di prigione nel giugno 2009 ed è rimasto in carcere fino alla morte, avvenuta lo scorso 14 aprile. Un esito personale ben diverso da quello di Charles Ponzi, deceduto in povertà a Rio de Janeiro dopo aver continuato, entrando e uscendo di prigione, a cercare nuovi metodi per frodare investitori e risparmiatori.
Una tendenza che si accompagna sempre all'evoluzione della finanza è la moltiplicazione di tecniche truffaldine e escamotage di varia natura: ma nessuno di questi metodi ha avuto la "fortuna" e attratto al tempo stesso i medesimi stigmi che ha accumulato la madre di tutte le truffe, nata da banali e poco costosi francobolli nell'America che si avviava all'inizio dell'illusione dei ruggenti Anni Venti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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