Un Paese eccentrico, bizzarro, lontano, sia dal punto di vista geografico che culturale, e capace di attirare l'interesse internazionale dei media soltanto quando sperimenta missili o armi nucleari. Una minaccia latente, guidata da un folle dittatore pronto a dichiarare guerra al mondo intero. Una prigione a cielo aperto per i suoi circa 25 milioni di abitanti. È questo il superficiale e inesatto ritratto che numerosi media internazionali sono soliti fare della Corea del Nord.
Per squarciare il velo di ignoranza su una nazione del genere, così misteriosa e complessa, è opportuno affidarsi a testi che presentino due criteri: l'avalutatività e la completezza. L'obiettivo principale degli studiosi, infatti, non dovrebbe essere quello di valutare soggettivamente un certo oggetto di ricerca assegnandogli etichette valoriali, quanto, piuttosto, effettuare un'analisi completa e distaccata, in grado di far emergere tanto le sue caratteristiche quanto le sue criticità. Ecco, l'ultima fatica sulla Corea del Nord di Stefano Felician Beccari, dottore in ricerca in Geostrategia, già ricercatore del Centro Militare di Studi Strategici (CEMISS), riesce nell'intento descritto.
Un'analisi dettagliata
La Corea di Kim. Geopolitica e storia di una penisola contesa, edito da Salerno Editrice, lascia ad altri il gossip di storielle più o meno presunte. Al contrario, in 236 pagine arricchite di note, bibliografia ragionata e un'appendice contenente interessanti documenti, Beccari riesce a tratteggiare i confini teorici della Repubblica Popolare Democratica di Corea in maniera lineare e concisa. L'autore, insomma, ricostruisce una cornice avalutativa presentando, pagina dopo pagina, i fatti che hanno contrassegnato la Corea del Nord dal passato ai giorni nostri. Dopo di che toccherà ai lettori riempire il quadro con le rispettive valutazioni soggettive.
"Che cos'è la Corea del Nord? - si legge nell'introduzione – Un paradiso in terra, con città pulite, ordinate, imponenti coreografie colorate che esaltano i leader al potere – sempre illuminati, sempre sorridenti, sempre giusti – o piuttosto un abisso di fame e dolore, di fughe, di carestie e di soprusi contro chiunque provi a pensare in modo diverso?". Risposta: molto spesso è entrambe le cose. Siamo di fronte, per usare ancora le parole di Beccari, a "una creatura bifronte nella quale si possono o si vogliono scorgere due facce differenti".
Già, perché se da un lato troviamo la propaganda del regime, volta a esaltare la Corea socialista, i leader – l'attuale, Kim Jong Un, e i passati, Kim Jong Il e Kim Il Sung – e le conquiste ottenute, dall'altro troviamo un Paese definito a priori ostile e nemico, dimenticando – o peggio: trascurando – l'eredità storica e il complesso contesto geopolitico in cui si trova Pyongyang.
Un tuffo nella storia
La penisola coreana è sempre stata un'unica entità territoriale, almeno fino al termine della Seconda Guerra Mondiale. Ha attraversato più periodi storici, che il testo riassume doviziosamente in sei fasi: la Fase pre-coloniale (1897-1910), coincidente con l'ultimo momento in cui la Corea era unita e indipendente; la Fase di conquista coloniale (1910-1945), caratterizzata dalla brutale annessione della penisola all'impero giapponese.
E ancora: la Fase di transizione postbellica (1945-1948), che va dalla ritirata nipponica alla nascente rivalità tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che presto si rifletterà sulla penisola causandone la divisione in due tronconi; la Guerra di Corea (1950-1953), un conflitto fratricida che ha provocato la morte di milioni di vite umane; il consolidamento delle due Coree come Stati indipendenti; e la Fase contemporanea (dal 1993 in poi).
Ripercorrere la storia dell'intera penisola ci fa capire che Corea del Nord e Corea del Sud non sono tutt'ora riuscite a metabolizzare il proprio passato. E che lo spettro di un possibile confronto militare - ipotesi remota ma non impossibile - è un'ombra che spaventa il mondo intero, visto che quasi certamente coinvolgerebbe nella contesa Cina e Stati Uniti. Ovvero: le più importanti potenze del pianeta.
La Corea di Kim
Chiunque pensi che la Corea del Nord sia ancora ancorata al classico marxismo-leninismo si sbaglia di grosso. Questa ideologia è stata assorbita nelle prime fasi di vita del Paese per poi essere arricchita di nuovi elementi peculiari, tra cui uno sfrenato culto della personalità, il potere assoluto del leader, un forte richiamo alla tradizione coreana, una dimensione a tratti etnico-nazionalista e un forte militarismo.
I capisaldi della Corea di Kim Jong Un possono essere riassunti in tre concetti: Juche, Songun e Byungjin. La Juche può essere tradotta come "autosufficienza", ed è la base perfetta per esaltare nazionalismo (autosufficienza rispetto agli altri Stati), autarchia economica (autosufficienza nella gestione dei beni) e militarismo (autosufficienza come non dipendenza da altri soggetti per la propria sicurezza nazionale). Il Songun coincide con il dare la priorità all'esercito e agli affari militari. Infine il più recente Byungjin, che mira a coniugare lo sviluppo economico alla dimensione della sicurezza, per lo più militare.
Leggendo il libro di Beccari sarà possibile accorgersi che le complessità coreane non vivono confinate soltanto nella lontana penisola coreana.
"Si riflettono, piuttosto, nelle nuove geometrie del potere che si stanno disegnando nella regione pacifica, e in particolare si muovono a fianco dell’emergente contrapposizione Pechino-Washington", scrive l'autore. E questo è un aspetto che non può essere ignorato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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