Berlino è un cumulo di macerie. I colpi delle granate sovietiche e il crepitio dei fucili sono sempre più vicini. I carri armati avanzano, abbattendo qualsiasi cosa incontrino. Tutto è coperto da una coltre pesante, fatta di detriti e polvere da sparo. Non si riesce quasi a respirare. In gola si forma un impasto difficile da mandar giù. La gioventù hitleriana, ormai composta solamente da ragazzini, cerca disperatamente di frenare l'avanzata dei sovietici, senza però riuscirci. Sono gli ultimi giorni di un Reich che si credeva millenario e che invece durò poco più di un decennio. Sono gli ultimi giorni di Adolf Hitler.
Il 20 aprile, il Führer esce per l'ultima volta dal bunker. Attraversa la città, incrocia alcuni soldati feriti ai quali promette una vittoria che sa già che non ci sarà. Tutto è finito. Nessuno potrà difendere Berlino. A Hitler non resta nient'altro da fare se non togliersi la vita. "Non voglio che il mio corpo sia messo in mostra", dice a Martin Bormann, suo segretario personale, e a Otto Günsche, suo aiutante personale. "Voglio che i sovietici vedano che sono rimasto qui sino alla fine". Così sarà. Dieci giorni dopo, il 30 aprile, il cancelliere tedesco decide di farla finita, ma solo dopo essersi sposato con la donna che lo aveva accompagnato negli ultimi anni di vita: Eva Braun. Una cerimonia semplice, la loro, che sa quasi di commiato. Nel bunker tutti sanno che, quelli, saranno i loro ultimi momenti di vita. Due barellieri sono vicini alla porta d'ingresso, pronti a condurre i neo sposi verso le fiamme. Hitler prende una vecchia foto di sua madre e fissa per l'ultima volta il ritratto di Federico il Grande, l'uomo al quale si era ispirato per costruire il nuovo Reich. Eva appoggia la testa sulle gambe del Führer e schiaccia tra i denti una fiala di veleno. Sono le 15.30. Anche Hitler fa lo stesso ma, per esser sicuro di morire, si spara anche un colpo nella tempia destra. Dura tutto pochi secondi. "Hitler era seduto su una poltrona. La testa pendeva sulla spalla destra, la mano penzolava in basso. Al lato destro c'era il foro del proiettile", racconterà poi Günsche.
È la fine di Hitler. E del Reich. Il corpo del dittatore, insieme a quello di sua moglie, viene portato all'esterno dell'edificio da un gruppo di Ss e depositato in una buca. I cadaveri vengono cosparsi di carburante e infine dati alle fiamme. I soldati tedeschi però non riescono a terminare la cremazione: i colpi sovietici cadono infatti sempre più vicini e così le Ss sono costrette a scappare.
Cosa accade poi? Lo racconta Giovanni Mari in Klausener Strasse. 1970: caccia al cadavere di Hitler. Il diario segreto del Kgb (Minerva). Un romanzo storico che si basa su alcuni documenti, ora desecretati, dei servizi segreti sovietici. Il 2 maggio, i soldati dell'Armata rossa arrivano davanti al bunker e trovano un angolo di terra smossa dal quale proviene un forte odore di carne bruciata. Prelevano i cadaveri e scoprono che sono i resti della famiglia di Joseph Goebbels. Il capo della propaganda tedesca, infatti, aveva deciso di suicidarsi insieme alla moglie Magda e ai loro sei figli (i cui nomi iniziavano tutti con la lettera H in onore di Hitler).
Due giorni dopo, invece, i sovietici trovano un'altra fossa. Questa volta è quella che ospita il Führer e sua moglie. L'agitazione è massima. Prima di tutto bisogna verificare che sia realmente lui. I soldati russi convocano "esperti in perizie e autopsie, medici in passato al servizio di Hitler". Tutti confermano: è lui. "Il dossier sullo stato di salute del dittatore risultò completo. I riscontri sul cadavere garantirono piena corrispondenza con i documenti sanitari, anche se l'assenza del testicolo sinistro non era mai stata segnalata". Il 10 maggio Fritz Echtmann, il dentista personale di Hitler, ne riconosce la dentatura. Per l'Unione sovietica, però, non è abbastanza. Alla conferenza di Potsdam, nel luglio del 1945, Joseph Stalin afferma di non sapere dove si trovi il corpo di Hitler. Anzi, il leader sovietico ipotizza che il Führer sia riparato in "Spagna o in Argentina". Ma quei resti trovati nei pressi del bunker continuano a tormentarlo. Decide dunque di far seppelire nuovamente il corpo del dittatore e chiede a tutti gli uomini coinvolti in questa operazione di non parlarne con nessuno. I cadaveri di Hitler ed Eva Braun vengono quindi sepolti in casse d'artiglieria nel cortile di servizio di un distaccamento dell'Armata Rossa in Klausener Strasse a Magdeburgo.
Nonostante la fine del nazismo, il corpo di Hitler diventa una vera e propria ossessione. Sia per i suoi pochi sostenitori rimasti, sia per i suoi oppositori. Per i primi, trovare quel corpo significa ritrovare quella divinità che aveva permesso alla Germania di tornare un impero; per i secondi, invece, si trattava di mettere la parola fine a un passato che si temeva potesse tornare. Nel 1970 Leonid Bréžnev decide che è arrivato il momento di far sparire quel corpo per sempre. E questo per due motivi: "Uno pratico: evitare problemi per un futuro ritrovametno del cadavero del dittatore. Uno ideologico: rafforzare la 'verità' di un corpo mai rinvenuto e quindi di una morte presunta, di un nemico da continuare a combattere".
Per questo Jurij Andropov decide che non è più il momento di aspettare. Come ricorda Repubblica, "il 20 marzo del 1970 il Consiglio dei ministri dell'Urss approva il suo piano, denominato in codice Operazione Archivio". Bastano 15 giorni e un gruppo del Kgb, guidato dal colonnello N.G. Kovalenko, lascia Mosca e si trasferisce in Germania per recuperare i cadaveri. I verbali di quei giorni parlano chiaro: "I resti sono stati messi dentro una cassa di legno (...
) la cassa è rimasta sotto sorveglianza di agenti operativi sino alla mattina del 5 aprile, quando è stata effettuata la loro distruzione fisica".I corpi di Hitler e di Eva Braun furono prima bruciati e poi gettati nel fiume Elba. Mettendo così la parola fine a un mistero che durava 25 anni.
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