Donazione di Costantino un regalo romanzesco

Un articolo dello scrittore Andrea Frediani. Il documento che conferisce il potere temporale alla Chiesa è il falso più importante della storia

L'imperatore Costantino offre al papa Silvestro I la tiara imperiale
L'imperatore Costantino offre al papa Silvestro I la tiara imperiale

Autore specializzato nel genere thriller storico, Andrea Frediani in questo articolo scritto per "il Giornale" affronta il tema del più grande mistero storico della storia: la Donazione di Costantino. Che è al centro del suo nuovo romanzo, da oggi nelle librerie.

«E affinché la dignità pontificale non sia svilita, ma sia onorata più della dignità e della potenza della gloria dell'impero terreno, ecco che, trasferendo e lasciando al più volte nominato beatissimo pontefice, il padre nostro Silvestro, papa universale, e alla potestà e giurisdizione dei pontefici suoi successori, il nostro palazzo e tutte le province, luoghi e città di Roma, dell'Italia, e delle regioni occidentali, determiniamo, con decreto imperiale destinato a valere in perpetuo, in virtù di questo nostro editto e prammatico costituto, che essi ne possano disporre, e concediamo che restino sottoposti al diritto della Santa Romana Chiesa».

Quando è un imperatore a mettere nero su bianco parole così pesanti, la storia può cambiare in modo radicale. La citazione è il passaggio più importante di un documento, la Donazione di Costantino (Constitutum Constantini), con il quale l'imperatore Costantino I il Grande, quello passato alla storia soprattutto per aver reso lecita la religione cristiana, consegna l'impero romano al papa Silvestro I e ai suoi successori.

A quanto è scritto nel documento, nel 314 d.C. il pontefice sarebbe stato capace di guarire il sovrano dalla lebbra e Costantino, in un impeto di gratitudine, lo avrebbe ricompensato nientemeno che con l'impero. Nella Donazione si legge: «il clero della santa Romana Chiesa sia ornato come l'esercito imperiale»; inoltre, tanto per rafforzare il concetto cardine, «al beato padre nostro Silvestro, sommo pontefice e papa universale della città di Roma, e a tutti i pontefici suoi successori che siederanno nella sede di Pietro fino alla fine del mondo, immediatamente consegniamo, il nostro imperiale palazzo del Laterano, che è il più illustre e onorato dei palazzi del mondo, e poi il diadema, cioè la corona del nostro capo, e, insieme, il berretto e il superomerale, ossia la fascia che suole circondare il collo del l'imperatore, e, ancora, la clamide purpurea e la tunica scarlatta e tutte le vesti imperiali, la dignità di cavalieri imperiali, gli scettri imperiali e, insieme, tutte le insegne, le bandiere e i diversi ornamenti imperiali, e ogni prerogativa dell'eccellenza imperiale e la gloria del nostro potere».

Una disposizione di tale portata avrebbe dovuto scongiurare qualunque disputa tra potere spirituale e potere temporale, tra imperatori medievali e papi, chiarendo una volta per tutte che l'imperatore non poteva essere altro che un vassallo del pontefice, a sua volta vicario di Cristo e diretto interprete della volontà divina. E non è un caso che il documento, apparentemente risalente all'inizio del IV secolo d.C., sia saltato miracolosamente fuori solo pochi decenni dopo l'istituzione del Sacro romano impero, ovvero nel IX secolo: l'incoronazione di Carlo Magno, avvenuta nella notte di Natale dell'800 su iniziativa del papa Leone III, aveva posto fin da subito, infatti, rilevanti problemi di gerarchia. Leone aveva bisogno di un alleato contro i suoi avversari politici, che avevano tentato di accecarlo, e aveva seguito l'esempio dei suoi più immediati predecessori, ricorsi al sostegno dei franchi contro i longobardi che circondavano il nascente Stato della Chiesa. E se papa Zaccaria aveva confermato al padre di Carlo Magno, Pipino il Breve, la corona del regno franco, sancendo l'uscita di scena dei re merovingi, Leone era andato perfino oltre, assegnando al suo prescelto la corona di imperatore e resuscitando per lui l'antico impero romano, caduto in occidente da oltre tre secoli; ma, ed era questa la trovata geniale, ponendo la nuova entità statale sotto l'egida papale con quell'aggettivo, «sacro», che avrebbe dovuto chiarire chi comandava davvero: non a caso, era il papa a incoronare l'imperatore, con una sorta di investitura che richiamava quella di un signore col suo vassallo.

Ma nell'arco di due generazioni le dispute tra sovrani e papi su chi, per esempio, dovesse nominare i vescovi, erano divenute all'ordine del giorno. È quindi in questo clima che viene alla luce la Donazione di Costantino. Durante tutto il Medioevo, i papi se ne sarebbero valsi per sostenere il loro diritto al potere temporale ovvero la piena sovranità su uno stato, il Patrimonio di San Pietro e la loro preminenza sugli imperatori.

Peccato che fosse un falso. Una truffa monumentale.

Per secoli non fu percepita come tale, in realtà. Sì, qualche imperatore la mise in dubbio, per ovvi motivi: Ottone III, allo scoccare del millennio, affermò di sapere che a redigerla era stato un certo diacono Giovanni «dalle dita mozze»; molto tempo dopo, Dante non ne metteva in dubbio l'autenticità, ma il valore giuridico, sostenendo che un imperatore non poteva alienare le proprietà che gli erano state trasmesse in eredità da Augusto attraverso i suoi successori; tanto meno il papa poteva entrarne in possesso senza contravvenire all'obbligo di povertà per la Chiesa. Ma fu solo in pieno Umanesimo che qualcuno dimostrò finalmente che si trattava di una bufala. E fu soprattutto Lorenzo Valla, con il suo De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio, un'opera che la Chiesa mise all'indice e che poté essere pubblicata solo sessant'anni dopo la sua morte, per giunta solo tra i protestanti.

A tutt'oggi, tuttavia, non sappiamo ancora quando e da chi fu redatta la Donazione; probabilmente fu un parto della cancelleria papale in un anno a cavallo tra VIII e IX secolo, ma potrebbe essere anche nata Oltralpe, in uno di quei monasteri in cui, nello stesso periodo, fu redatta la collezione pseudoisidoriana, ovvero quella serie di lettere dei primi papi, decretali, capitolari franchi e deliberazioni

conciliari che, inventati di sana pianta o solo interpolati, puntavano a rendere sempre più solida la posizione di supremazia del papato. E questo buco informativo offre ampi margini per imbastire la trama di un romanzo...

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