Duelli di clava, più che di spada, tra antichi amici divisi da aspri rancori. Le carte segrete di Roberto Farinacci, che ora riaffiorano dall`archivio del suo braccio destro, il faccendiere milanese Enrico Varenna, riservano sorprese divertenti.
Nella corrispondenza inedita, conservata per i posteri, emergono tutte le conflittualità latenti, tra gli esponenti dell`entourage del potentissimo ras di Cremona, e il capo stesso. Stupisce, a esempio, di trovare, uno scambio di lettere al vetriolo, tra Farinacci e una delle sue creature, lanciate nell`olimpo della finanza: Arturo Osio, avvocato mantovano, classe 1890, tra i più importanti banchieri italiani della prima metà del Novecento. Il gerarca padano ne assecondò le ambizioni, nel 1925, quando cioè era segretario del Partito nazionale fascista, appoggiando la sua candidatura alla direzione centrale dell`Istituto nazionale di credito per la cooperazione.
Osio, lasciato il Partito popolare, ove aveva militato nella corrente di sinistra di Guido Miglioli, acerrimo nemico del ras, si era avvicinato al fascismo. La sua nomina, alla guida della banca, lo consacrò quale esponente della galassia farinacciana. L`ente, divenuto dal 1929 istituto di credito di diritto pubblico, nel ?35 assunse la definitiva denominazione di Banca nazionale del lavoro. Osio ne fu dunque il fondatore e primo presidente. Sotto il suo impulso, la Bnl conobbe un`immediata espansione, fino a contare, nel 1938, 98 filiali tra italiane ed estere, e con depositi complessivi per oltre 2 miliardi di lire. Mussolini stesso la considerò il proprio strumento finanziario di fiducia, per la politica internazionale e coloniale del regime.
Evidentemente, però, asceso al rango di "banchiere della nazione", Osio era divenuto vieppiù insofferente ai vincoli di vassalla fedeltà al suo antico mentore e protettore Farinacci. Un uomo che non era fatto per subire affronti senza reagire con proporzionata forza. Così, il 16 aprile 1938, dopo il diniego di Osio ad accogliere la sua richiesta di confermare il direttore della filiale genovese della Bnl, il ras, livido di collera, dettò alla segretaria una lettera di fuoco.
Eccola: «Caro Osio, checché ne dica l`amico Varenna - il veramente amico Varenna - e cioè di non sprecare tempo, inchiostro e carta nello scriverti, ma di semplicemente compatirti, sento il bisogno di mettere alcuni puntini sugli i. Gli amici di Genova mi avevano chiesto che io perorassi presso di te, la revoca del trasloco del direttore di quella tua sede. Io che mi illudo sempre e che credevo di poter contare su un uomo al quale non ho mai negato il mio appoggio, anche se mi è costato parecchia amarezza, avevo affidato all`amico - veramente amico - Varenna, l`incarico di esternarti una mia preghiera, ma anche un mio desiderio. Tu mi hai fatto rispondere che il cav. Dolcetta doveva assumere la direzione di Genova per due ragioni: una perché egli, già condirettore della Banca Commerciale, avrebbe apportato un nuovo contributo di affari per circa 100 milioni; l`altra perché non intendevi, dopo aver preso un provvedimento, revocarlo in seguito al mio intervento». La frecciata al curaro arriva puntuale nelle righe seguenti: «Per la prima ragione ti dico subito, con quella schiettezza fascista che tu, vecchio prete non potrai mai conoscere, che è disonesto servirsi di un licenziato di un`altra banca per fare una concorrenza illecita (vedi codice penale) a danno di altri e a proprio profitto».
Farinacci, dunque, sosteneva che era commercialmente sleale reclutare, sul mercato, un "relitto" eccellente della Comit, come Bruno Dolcetta Capuzzo (creatura del vecchio padrone della banca, l`israelita Giuseppe Toeplitz, estromesso dalla proprietà dopo la nazionalizzazione dell`istituto, nel 1934), che avrebbe di certo potuto far migrare la sua clientela all`ente rivale. Dolcetta, dal 1920, era stato direttore centrale della Banca Commerciale e, in tale veste, prese parte a importanti conferenze internazionali, tra cui quella sulle riparazioni tedesche, tenutasi all`Aja, dalla quale sortì il Piano Young per la sistemazione dei debiti di guerra. Nel 1933, si dimise dalla Comit per contrasti con ii nuovi amministratori delegati, Raffaele Mattioli e Michelangelo Facconi.
La lettera del ringhioso Farinacci così proseguiva, nel redarguire Osio per il peccato di lesa maestà: «Per la seconda ragione ti dirò soltanto due parole. Non solo i ministri, ma anche il Duce quando hanno avuto una mia preghiera, hanno fatto il possibile per accontentarmi. E tu ne sai qualche cosa. Quindi, nell`assumere quest`atteggiamento di indipendenza e di strafottenza, diventi semplicemente ridicolo. Indipendente nella tua vita, non lo sarai mai, prima perché il tuo passato di prete ti tiene prigioniero, poi, perché basterebbe che qualcuno di noi ti abbandonasse al tuo destino, perché di te sarebbe fatta subito carne di porco, da chi sacrosantamente ti detesta e ti odia».
A stretto giro, sempre per via epistolare, giunse la sferzante replica di Osio. Il quale, dopo aver esordito affermando che «sarebbe stato troppo ingiusto privare i posteri di una così significativa corrispondenza», indirizzava all`amico-nemico una serie di staffilate. In primo luogo, rilevando il paradosso derivante dalla circostanza che l`ex bestia nera della Banca Commerciale, cioè Farinacci stesso, si mettesse a difendere la stessa Comit dal rischio di subire una concorrenza sleale, sulla piazza genovese, a opera di un uomo di Toeplitz, Dolcetta, passato, armi, clientela e bagagli, alla Bnl.
Ma, la più esilarante e sarcastica puntualizzazione di Osio, riguardava il suo presunto clericalismo, in quanto ex transfuga del partito sturziano: «Sono contento che per via dei preti sei diventato tutore di quei segaioli nati che sono i cosiddetti giovani cattolici insieme al presule di Cremona. Io coi giovani studenti cattolici non sono mai stato perché io e ufficialmente ho sempre frequentato troie e casini». La stoccata alludeva all`alleanza che l`anticlericale Farinacci aveva stretto con la Chiesa cattolica, e in particolare con il suo vescovo diocesano, monsignor Giovanni Cazzani, per il sostegno che le gerarchie ecclesiali fornivano alla svolta antisemita che il regime stava intraprendendo e della quale il ras era tra i propugnatori più attivi e convinti.
La schermaglia, a quanto è dato sapere, non ebbe sviluppi. Quanto al banchiere Osio, dopo aver tentato la scalata alla finanza internazionale, e mancato l`obiettivo di sbarcare in America, venne giubilato da Mussolini, al principio del 1942.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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