Reale, il filosofo che trovò nei greci le vere radici dell'Occidente

La sua genialità fu trarre un pensiero autonomo e originale dall'esame filologico. Il suo insegnamento è in netta apposizione al nichilismo e allo scientismo di oggi

Giovanni Reale durante il suo intervento al Festival della Filosofia di Modena, nel 2013
Giovanni Reale durante il suo intervento al Festival della Filosofia di Modena, nel 2013

È morto ieri, nella sua casa di Luino (Varese), a 83 anni, il filosofo Giovanni Reale, uno dei maggiori interpreti del pensiero antico, studioso di Platone di fama internazionale. Autore, con Dario Antiseri, del libro Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi , manuale usato nei licei da diverse generazioni di studenti e la cui prima edizione risale al 1983, Reale fu a lungo ordinario di Storia della filosofia antica all'Università Cattolica di Milano. Dal 2005 era passato alla facoltà di Filosofia del San Raffaele di Milano. Autore di una monumentale storia della filosofia greca e romana, ha firmato fondamentali contributi sui filosofi presocratici e una monumentale Storia della filosofia greca e romana (Bompiani 2004) in dieci volumi.

Da alcuni anni nell'ambito delle materie umanistiche c'è un pullulare delle parole «scienza» e «scientifico»: scienze filosofiche, scienze dell'educazione, scienze storiche... I motivi di questa genuflessione alla scienza di discipline che nella nostra modernità avevano semmai il compito di far riflettere sul suo significato e sui suoi limiti sono riducibili a uno solo: l'inutilità scientifica della cultura umanistica nella civiltà tecnologica.

Ovviamente tutti spergiurano - a incominciare da coloro che ne sono coinvolti - che non è vero, che anzi un po' di filosofia fa bene all'anima di chi si dedica alle scienze. Ma, naturalmente, quella spolverata di umanesimo doveva comunque essere «scientifica». Questo voleva dire: «fuori i cacciapalle dal Tempio», cioè dall'università. Libri, didattica, nessuna fantasia: tutto fondato su ricerche e filologia.

La scientificità in filosofia è questione culturalmente complessa, che in Italia (negli altri Paesi europei non è così) comporta una distinzione netta tra storia della filosofia e filosofia «pura». Si capisce che in un'epoca come la nostra, in cui è la scienza a spiegare come gira il mondo, il filosofo «puro» non se la passi bene.

Tra gli storici della filosofia i più vicini alla dea scienza sono gli antichisti che possono servirsi di uno strumento scientifico straordinario: la filologia. C'è infatti chi sostiene che l'unico metodo per studiare scientificamente la filosofia greca sia l'analisi filologica dei testi. E così arriviamo a Giovanni Reale, uno dei maggiori interpreti del pensiero antico, autore di un manuale scolastico, con Dario Antiseri, che ha segnato generazioni di studenti, di una monumentale storia della filosofia greca e romana, di studi fondamentali sui filosofi presocratici... Le laudationes post mortem non si conteranno, meno si dirà del conflitto culturale, più o meno esplicito, che egli ha dovuto affrontare per mettere nei giusti confini la «scientificità» della filosofia e in particolare della storia della filosofia greca. Il problema è l'approccio filologico al testo. La genialità di Reale è stata quella di non fermarsi alla filologia e di non trascurarla, di essere storico e insieme filosofo. E proprio per questo fu talvolta aspramente osteggiato.

Si sottolinea giustamente l'importanza che Reale riservò alle «dottrine non scritte» di Platone per rappresentare nel pensiero del filosofo greco quel momento cruciale della nostra civiltà che transitava dall'oralità alla scrittura. A queste considerazioni Reale giunse attraverso una riflessione filosofica che usa la storia e la filologia senza essere irretito né dall'una né dall'altra.

Reale rilegge Aristotele mettendo in discussione un mostro sacro della filologia come Werner Jaeger, che aveva «periodizzato», proprio sulla base dell'analisi filologica dei testi, lo sviluppo del pensiero aristotelico: Reale ha, invece, inteso dimostrare l'unità metafisica della filosofia di Aristotele, interpretando il suo pensiero in una prospettiva che non si limitava al puro e semplice filologismo testuale. Analoghe considerazioni si possono fare sulla sua lettura di Plotino, in contrasto, anche questa, con un altro grande storico-filologo classico, Eduard Zeller, per dimostrare come nel filosofo neoplatonico sia presente il principio stesso della trascendenza metafisica e non quel panteismo che vi intravedeva Zeller. Oppure, ancora, l'interpretazione di Socrate confutando un altro filologo, lo svizzero Olof Gigon.

I critici di Reale sostengono che la sua lettura dei classici è tutta volta a confermare la tesi di fondo del suo pensiero, cioè che la filosofia greca è all'origine di quel sapere tecnico e scientifico che ha cambiato il mondo, lasciandosi per ciò sfuggire, o mettendo volutamente in disparte, le differenze sostanziali tra i filosofi della classicità. Nel modo in cui Reale ha replicato ad esse attraverso studi imponenti, una didattica spesso entusiasmante, un'attività di consulenza editoriale di grande livello, si coglie il suo amore per una filosofia in grado di far riflettere e affascinare senza tante pignolerie scientiste ed esasperati filologismi.

Nella metafisica della classicità, che Reale individuava in una problematica unità tra i grandi filosofi

greci, si trovano, egli sostiene, le radici della nostra cristianità, ed è allo studio di questa metafisica che Reale invitava per fronteggiare quel nichilismo moderno che distrugge i valori fondanti della civiltà occidentale.

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