La Grande guerra di Echenoz arruola i sentimenti

La Grande guerra di Echenoz arruola i sentimenti

Prima di quell'apostrofo, c'è un mondo, dopo ce n'è un altro. Prima di quell'apostrofo non c'è nulla, nel titolo del nuovo libro di Jean Echenoz, dopo l'apostrofo c'è un numero: 14. È il numero che va per la maggiore quest'anno, sulle pagine culturali dei giornali, soprattutto in Francia («È un paradosso: più il tempo passa più la Prima guerra mondiale ci appare vicina», ha detto lo scrittore in una recente intervista), il numero della Grande guerra, il numero della Bestia novecentesca, più basso ma anche più concretamente terribile del 666 dell' Apocalisse di Giovanni .

Perfetta sintesi della memoria, perfetto «logo» di tante celebrazioni e rievocazioni, '14 (Adelphi, pagg. 110, euro 14 - l'hanno fatto di proposito? -, traduzione di Giorgio Pinotti, come sempre per i libri del sessantasettenne autore nato a Orange) si colloca, sulla linea retta del tempo, esattamente dove finisce quello che Stefan Zweig, mitteleuropeo per nascita, indole e cultura ma poi inglese per necessità dopo che la Bestia nazista aveva mostrato di quale pasta era fatta, chiamava «il mondo di ieri». Quei pochi anni di Novecento prima dell'apostrofo furono un'appendice del secolo precedente, e quelli che seguirono... non sono ancora finiti, nella nostra cara, vecchia, maledetta Europa: vedi il '39-45, vedi il '91-95 nella ex Jugoslavia, vedi quest'altro '14, nella tormentata Crimea.

Leggere '14 dopo aver letto, tre anni fa, La paura di Gabriel Chevallier, libro che Echenoz considera un classico del genere, come Il fuoco di Henri Barbusse (recentemente riproposto da Castelvecchi) e Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque, è come tornarci su quel fronte occidentale, sui luoghi del delitto che si chiamarono Somme e Chemin des Dames, come annusare gli stessi gas, sentir fischiare le stesse pallottole, veder esplodere le stesse granate, ascoltare le agonie degli stessi compagni. Magistrale l' ouverture : Anthime Sèze, il protagonista, contabile in una fabbrica di calzature in un paese della Vandea, va a fare un giro in bicicletta. È sabato, la giornata è limpida e calda. Ma, soprattutto, è l'1 agosto '14 e, sul crinale di una collina, il ragazzo vede, prima che sentirlo, qualcosa di strano: «erano in verità le campane, che si erano appena messe in movimento dall'alto delle torri e suonavano all'unisono in un disordine grave, minaccioso, schiacciante, nel quale, benché ne avesse scarsa esperienza - era troppo giovane per aver sino allora partecipato a molti funerali -, Anthime ha riconosciuto d'istinto il timbro delle campane a martello, che si azionano di rado e di cui gli era appena giunta solo l'immagine prima del suono». Quelle campane suonano a morto in anticipo: in Francia inizia la mobilitazione generale, perché la Germania ha dichiarato guerra alla Russia, sua alleata. All'unisono con quelle degli amici di bar e di pesca Padioleau, Bossis e Arcenel, e con quella di Charles, un altro giovane al quale lo unisce un legame rivelato in un secondo momento, incomincia la disavventura di Anthime, dopo il consueto corteo assurdamente festoso per le vie del paese. «Ce la sbrigheremo in quindici giorni al massimo», dice Charles. Così non sarà.

L'attacco è un basso continuo e minaccioso. Poi il rullo dei tamburi accompagna quello delle mitragliatrici, nelle trincee salgono i cori lamentosi dei feriti, il cielo è una sinfonia di fuochi incrociati. Intanto, a casa, Blanche diventa ogni giorno più bella e in carne. Viene al mondo una creatura innocente mentre lontano ne muoiono a migliaia, altrettanto innocenti.

I destini di Anthime, Charles, Padioleau, Bossis e Arcenel divergono, mentre la neo-mamma allatta, con Juliette, la propria angoscia. Fino a quando una disgrazia, nel gioco sporco della vita a margine della guerra, servirà a qualcuno la carta della rinascita.

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