«Quando penso a New York, penso a un neonato gigante che gioca con gli esplosivi. Non tanto nuovo, piuttosto disumano». Così Henry Miller, nellanno di grazia 1935. Stabilitosi anni prima a Parigi, lautore di Tropico del Cancro fa una rapida sortita negli Stati Uniti e loccasione diviene buona per una lettera piuttosto irriverente destinata allamico Alfred Pérles, finora inedita per il pubblico italiano (Parigi-New York andata e ritorno, minimum fax, pagg. 148, euro 12, trad. F. Pacifico). Tema? Manhattan e dintorni. Col fiuto del segugio che torna a casa, Miller guarda con divertita acribia alla Grande Mela, la schernisce con unironia affilatissima, manifestando simpatie piuttosto border line verso certe prime lame della criminalità organizzata: «Sono gli unici in America a godersi la vita finché dura. Li invidio. Mi piacciono le loro camicie, e le cravatte vivaci, e i tagli di capelli vistosi. Sono sempre freschi di lavanderia e uccidono solo con addosso il loro vestito migliore».
Ma New York non è soltanto la città delle gang più alla moda degli States. È anche il luogo dove la mistificazione può toccare livelli insperati. Capita così allimberbe Eugene Brentani nel romanzo desordio di Nathaniel Rich, La voce del sindaco (Neri Pozza, pagg. 309, euro 17, trad. A. Arduini).
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