La nostra quotidianità è fatta di guerra. Una conflittualità che per l'Europa era considerata solo distante o latente, combattuta su altri domini, tecnologica e "raffinata", e che invece, dal febbraio 2022, è tornata a incidere sulla nostra vita partendo dalla sua forma più radicale e violenta. La guerra sul campo, quella delle bombe, dei carri armati, delle trincee e delle navi affondate. E tutto questo in Ucraina, alle porte dell'Europa: sul "fronte dell'est".
L'analisi di questi fenomeni, quando il flusso degli eventi è costante e purtroppo incessante, necessariamente si rischia di incorrere in due problemi: concentrarsi esclusivamente sul fatto "qui e ora", piegandosi alla legge dell'instant book; oppure farsi prendere dall'emotività e precludersi un approccio scientifico per cedere il passo a un "umano, troppo umano" fervore ideologico. Due possibilità che Salvatore Santangelo è riuscito a evitare in quella che è la sua ultima fatica editoriale: "Fronte dell'Est. Passato e presente di un destino geografico" edito da Castelvecchi. Un libro che ci permette di cogliere non solo l'essenza della guerra in Ucraina, ma anche quella di fenomeni a essa collegari e che segnano inevitabilmente il nostro tempo.
Il lavoro è difficile perché si tratta di "destrutturare" o scomporre alcune certezze recuperando elementi storici, culturali e geografici che visualizzano il fronte orientale dell'Europa da diverse angolazioni. Questioni che spiegano i diversi piani in cui lottano le potenze e i popoli che dal cuore dell'Europa fino alla sua parte estremità orientale si sfidano e convivono da sempre subendo la sfida in particolare di due potenze.
La cosiddetta "operazione militare speciale" del presidente russo Vladimir Putin può essere pertanto compresa ma solo in un contesto più ampio, che è quello del "sangue e suolo" che caratterizza la percezione della sovranità dei popoli baltici o orientali, degli interessi strategici di potenze vicine, fino alla matrice ideologica e filosofica che ha scatenato il Cremlino. Gli interessi di Germania e Russia, la scelta degli Stati Uniti, la politica di Putin, le reazioni dei popoli che si trovano a vivere su quelle "Terre di Sangue" europee - per citare il noto libro di Timothy Snider - sono tutti elementi che si perdono nel constante incedere delle notizie e delle pur fondamentali analisi a caldo. Eppure è anche da lì che si deve partire per fornire una visione d'insieme, una cornice a qualcosa che viene visto solo come un flusso quotidiano di "breaking news" o di dichiarazioni di leader coinvolti in qualcosa di profondamente diverso dagli anni precedenti. Spunti di riflessione che si integrano perfettamente con altri lavori, a partire da Gerussia: l'orizzonte infranto della geopolitica europea, e che collegano quanto accade tra tra Kiev e il Donbass al complesso, violento e allo stesso tempo fruttuoso rapporto tra Berlino e Mosca.
In un contesto di conflittualità totale, dove lo scontro, il "polemos padre di tutte le cose" è al centro delle nostre vite, riscoprire in radice cosa si nasconde dietro il tragico quotidiano risulta un supporto fondamentale.
Perché Putin non ha fatto tutto questo per una decisione improvvisa e votata al suicidio politico, ma con l'idea di investire in condizioni e possibili reazioni che l'Occidente, ma in particolare l'Europa, non sembra riuscito a gestire: quattro nodi irrisolti, spiega l'autore, che possono dare una chiave di lettura importante alla mossa fatale del leader russo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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