Il punto focale del romanzo di Simone Innocenti L'anno capovolto (Edizioni di Atlantide) è nell'immagine di una clessidra che si trova nel bagno di una lussuosa villa affacciata sul mare della Versilia. È Capodanno, anzi è ancora il 31 dicembre, ma la mezzanotte è vicina. Una ventina di amici o presunti tali, che al tempo di Dante si sarebbero detti di mezza età, essendo fra i trenta e i quarant'anni, ma che secondo le statistiche odierne vanno classificati come ancora giovani, si ritrovano fra loro come da ormai consolidata tradizione. Nelle prime pagine, Stefano, l'unico a parlare in prima persona, sta considerando l'ipotesi di suicidarsi. Il tempo, distensione dell'anima (Sant'Agostino), di fronte alla decisione radicale di uscire dal mondo, potrebbe anche non passare mai. Presente, passato e futuro coincidono in un momento eterno.
Nel frattempo, la narrazione procede accostandosi, a uno a uno, a tutti i personaggi. Hanno nomi consueti: Enrico, Giulio, Francesca, Caterina, Riccardo, Valentina, e così via. Hanno un passato in comune e fortune diverse. I padroni di casa sono ricchi, un altro è gravemente ammalato; uno è in crisi spirituale, un'altra è infedele al marito Tutti sono infelici. Regola della serata è liberarsi dai telefonini, che vengono depositati tutti insieme in una cesta all'ingresso. Il microcosmo della casa in festa è isolato dal resto del mondo. Si crea così una bolla spazio-temporale, qualcosa di simile a quello che avviene sul palco di un teatro.
La scena di quell'incontro può rievocare un tema affrontato nel cinema, dal Grande Freddo di Lawrence Kasdan a Compagni di scuola di Carlo Verdone, fino al più recente e bellissimo Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese. Di ogni personaggio l'autore rivela qualcosa che gli altri non sanno, sollevando in questo processo, a uso del lettore, il velo d'ipocrisia che li ricopre tutti. Nessuno di loro è quello che appare agli altri. E non importa poi molto che una sia una modella di calibro internazionale (ma gli anni passano), e un altro un notaio, uno un maestro di tennis e un'altra la proprietaria di uno stabilimento balneare. Aspettano di varcare il crinale dell'anno nuovo, come se qualcosa potesse avvenire davvero, a scuoterli dalla loro quieta disperazione. Con uno stile molto preciso e garbato, e una struttura circolare della narrazione, Innocenti prepara la strada a un climax dietro il quale si annideranno, a pari merito, il futuro e il passato (che, come direbbe Faulkner, non passa mai). Curiosamente, e non sappiamo se sia o meno voluto, il libro può essere letto anche dal fondo all'inizio, quasi come un palindromo. Sarà o non sarà un caso che a poca distanza dal centro della narrazione si parli di Valentina, una collaboratrice della Settimana Enigmistica, che si firma Ala Ada?
Il tempo qui viene preso in considerazione non come una regola assoluta e oggettiva, ma come un punto di vista. E quello del narratore si sposta da un soggetto all'altro, lo inquadra e lo esamina come sotto una lente d'ingrandimento. Poi passa oltre, senza risparmiare a nessuno un'attenzione chirurgica.
Che cosa lega gli uni agli altri questi amici, o presunti tali? L'interesse comune del dover stare al mondo, prendendolo per come è, senza l'ambizione di migliorarlo.
In tutto ciò il mare è un animale nero, mitologico, che attende. La montagna, dietro, incombe come una minaccia. L'unica via d'uscita sembra essere un cielo dove alle stelle si affiancano le luci dei fuochi artificiali, accompagnati da inquietanti esplosioni.
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