L’hashtag “Io leggo rosa” è diventato virale nella giornata di ieri dopo la pubblicazione di un pungente articolo de “Il Venerdì di Repubblica”, che in poco tempo, ha scosso e indignato la comunità dei lettori e delle lettrici che leggono romanzi rosa.
L’articolo ha alzato il velo sulla produzione letteraria degli ultimi anni, focalizzando l’attenzione su tutta una vasta gamma di usi e costumi, che hanno regalato un certo tipo di spessore alla letteratura in rosa. Lo spunto di riflessione è sorto dopo un evento che si è svolto a Roma nella seconda decade di giugno, tale il “Rare”, un incontro tra autrici e lettori, che ha evidenziato come, tra il pubblico, la fruizione dei romanzi di genere, non è affatto diminuita, anzi è aumentata a vista d’occhio. E scoperchiando un vaso di Pandora fatto di letture compulsive, batticuori e di scrittrici molto quotate, l’autrice dell’articolo in questione, pare che non abbia apprezzato l’influenza che, determinati tipi di romanzi, hanno avuto: sia nella produzione letteraria che al pubblico a cui è indirizzata. Identificare le lettrici di romanzi rosa come “signore e signorine spensierate così devote da affannarsi e sventolarsi davanti l’autrice di culto, ricordando in modo commuovente le pellegrine che, con la scusa del patrono, mollavano casa e famiglia per starsene qualche ora per fatti loro consumando frivolezze,” non è stato accolto di buon grado.
Ecco perché l’insorgere di “Io leggo rosa”. Come a voler simboleggiare che, il genere romance e tutte le sue declinazioni più particolari, non è una lettura di serie B, come l’articolo ha evidenziato, ma bensì una realtà stimolante, un universo dove tutto è possibile. Sono lontani i tempi in cui la letteratura in rosa è stata etichettata come una semplice evasione, con l’avanzar dei tempi e dei nuovi linguaggi, è del tutto normale che il genere più venduto al mondo, si svecchiasse, guardasse verso nuovi orizzonti e rinvigorisse i suoi canoni. E non importa se le storie d’amore sono bramose, impossibili e si descrivono atti sessuali da far girare la testa, non importa se i nuovi romance affrontano storie complicate dark e tormentate, quel che conta è il messaggio. Come non importa se i lettori sono aumentati a vista d’occhio e se nelle nuovi produzioni si esplorano anche le sfumature dell’amore omosessuale – infiniti sono i romanzi a tinte m/m che impazzano in rete – è la società, sono i tempi moderni che hanno imposto il cambiamento.
Il senso di “Io leggo Rosa” è un significato molto forte, vuole essere un grido da quella fetta di autori e autrici, ma anche da parte di lettori e lettrici, che in romanzi di questo genere, trovano un modo per fuggire dalla realtà, trovano un espediente per esorcizzare una vita che già di sé è tesa e asfissiante. Con lo scorrere del tempo, il genere romance è diventato specchio di una realtà utopistica, dove i sogni si possono avverare e dove c’è la possibilità di trovare un amore che strappi via il cuore con un’intensità mai vista.
Bollare il genere come lettura di serie B è sbagliato, significa non guardare lo scorrere del tempo, significa non volgere lo sguardo alla società di oggi. Niente può essere business quando si parla di emozioni e sentimenti.
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