Jünger, il revisionista di se stesso

Ecco perché l'autore corresse fino al 1978 le sue memorie pubblicate nel 1920. Ottenendo due libri (quasi) diversi

Jünger, il revisionista di se stesso

Giovedì 8 agosto nella redazione berlinese di Merkur, una delle più affermate e longeve riviste culturali tedesche, nell'elegante Mommsenstrasse, a un passo da Kudam, si è svolta la presentazione della memorabile edizione storico-critica di Nelle tempeste di acciaio di Ernst Jünger, pubblicato nel 1920 e immediatamente diventato un successo e ancora di più: il segnale di una nuova sensibilità. Divenne un nuovo modo di vedere e di sentire la realtà, una nuova modalità per capire la guerra moderna, in cui il rapporto non è più con il nemico, ma con l'acciaio degli armamenti. Era il 1920. Jünger, valoroso ufficiale, per il suo ardore e ardimento era stato il più giovane decorato con la massima onorificenza tedesca «Pour le mérite». Ci vollero anni prima che quel libro rivoluzionario venisse integrato nella letteratura tedesca con il romanzo (più famoso, ma più scialbo) Niente di nuovo sul fronte occidentale di Remarque nel 1929. Ma nel frattempo il mondo era cambiato e anche Jünger. Nel 1924 aveva ristampato il libro, fondato sui taccuini di guerra, con inserti di un incandescente nazionalismo. Il romanzo era diventato il manifesto dei giovani «nazionalbolscevichi», i giovani idealisti della Rivoluzione Conservatrice con nel cuore la sintesi impossibile tra le due principali ideologie del Novecento. Ma si sa come sono andati gli eventi e, più che una sintesi, vinse la più funesta delle falsificazioni con il nazionalsocialismo, sicché Jünger nella terza edizione del '34 cancellò numerosi passaggi estremistici per significare la presa di distanza dal Terzo Reich: a buon intenditore poche parole. La quinta edizione del '35 accentuò quest'allontanamento riprendendo lo spirito originario sulla scia dei diari di guerra, come afferma la prefazione: «È stata una strana attività decifrare, seduto su una comoda poltrona, gli scarabocchi di questi quaderni, sulle cui copertine era ancora appiccicato il fango secco delle trincee con macchie scure e non so più se fossero sangue o vino».

Ma l'autore non si quieta e nel 1961 licenzia una nuova edizione per poi intervenire ancora un'ultima volta per l'edizione del 1978. Jünger è uno scrittore di assoluta lucidità e descrive questo suo tornare continuamente sui suoi testi come «un impulso da formica di stare sempre a minare lo scritto e il testo stampato con slittamenti, inserti, cancellazioni». Qui più che a una giustificazione politica siamo di fronte a una pulsione estetica, accompagnata da una «mania revisionistica», un costante processo dinamico verso la perfezione. Insomma quando l'editore Klett Cotta pubblica nel 1978 Nelle tempeste di acciaio il testo è completamente diverso da quello del 1920, sicché urgeva una edizione che rendesse giustizia delle varie stesure, ma ciò sembrava un enigma irrisolvibile finché Helmuth Kiesel, germanista di Heidelberg, con filologica puntualità è venuto a capo del problema con questa edizione, che sarà presentata ufficialmente il dieci settembre al Festival internazionale della letteratura di Berlino (altro evento che segna la centralità della capitale tedesca, ormai lanciata a diventare l'ombelico culturale europeo), con letture da parte dell'attore Ulrich Matthes che ha interpretato Jünger nel bel film dell'anno scorso Il mare all'alba di Volker Schlöndorff.

Si parla già di un avvenimento epocale nella storia della filologia testuale: la pagina sinistra propone l'edizione del '20, quella di destra quella del '78. Il secondo volume offre gli apparati critici con tutte le varianti, ma già nel primo volume si rintracciano le stesure. Con vari colori. Gli inserti in rosso chiaro sono quelli dell'edizione del '22, rosso scuro quella del '24, blu quella del '34, celeste quella del '35, verde quella del '61. Niente male. E del resto l'autore aveva avuto l'intenzione di intitolare il suo primo capolavoro, sulla scia di Stendhal, Il rosso e il grigio, il grigio delle armi e delle uniforme grigioverdi, il rosso del sangue. Il lavoro di Kiesel (che ha anche pubblicato il ricco epistolario tra Jünger e Carl Schmitt) si è completato con la pubblicazione dei diari di guerra che costituiscono in filigrana l'ordito di Nelle tempeste d'acciaio. Libro di guerra, ma non libro d'odio, in cui il confronto non è con i francesi, considerati come avversari cavallereschi, ma con la tecnica, che tenta di sopraffare l'uomo.

Questo viaggio nelle «tempeste d'acciaio» del secolo ha condotto il grande solitario a confrontarsi con i demoni dell'epoca, non solo con i totalitarismi, ma perfino con le droghe. Proprio in queste settimane al «santuario» della letteratura tedesca, al Deutsches Literaturarchiv di Marbach (che ospita tutti i manoscritti dello scrittore) si svolge una intrigante mostra su LSD. Epistolario tra Albert Hoffmann e Ernst Jünger.

Certo, molti non gli hanno mai perdonato la vicinanza con la destra.

Eppure la posizione di «resistente» sui generis di Jünger, che ha partecipato all'attentato contro Hitler del 20 luglio 1944 (ma non fu «giustiziato» per espresso ordine del Führer), è stata gradualmente e ampiamente riconosciuta da alcuni dei protagonisti del nostro tempo come Mitterand e Kohl, che si recarono congiuntamente in «pellegrinaggio» nel 1993 da Jünger, il grande vegliardo che seppe combattere contro la Francia, senza odio, ma con rispetto e venerazione per la cultura francese, componente essenziale della nostra cultura europea.

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