Joe Brainard, l'arte di narrare i piccoli ricordi

Poiché raccontare Mi ricordo di Joe Brainard è un'impresa impossibile, proverò a descriverlo con una metafora: il patchwork. Il libro - che Lindau pubblica ora per la prima volta in Italia a più di quarant'anni dall'uscita e a venti dalla morte dell'autore - è una composizione di piccoli brani di memorie provenienti da tempi luoghi e situazioni diverse, che si riuniscono a formare un insieme dotato di una sua logica armoniosa anche se non immediatamente evidente: memorie anche minuscole sulla famiglia, l'infanzia, la scuola, il sesso, l'arte e soprattutto i mille frammenti dello scorrere disordinato e inavvertito di quello che chiamiamo vita, tutto ciò che di solito scompare un attimo prima di diventare pensiero. «Mi ricordo il rumore delle carte di caramella quando non vuoi fare rumore». «Mi ricordo mia madre che raccontava le cose divertenti che avevo fatto da piccolo e che ogni volta diventavano più divertenti». «Mi ricordo un ragazzo. Lavorava in un negozio. Spesi una fortuna per comprare da lui roba che non mi serviva. Poi un giorno sparì»... Materiali dallapparenza insignificante, che solo la memoria può sottrarre dall'estinzione e portare in salvo verso la letteratura.

Joe Brainard (1942-94), nato nell'Arkansas e cresciuto in Oklahoma, visse a lungo al centro della scena artistico-letteraria del Greenwich Village dividendosi tra le arti figurative (molti collages e assemblages non lontani dai canoni della Pop Art, non a caso) e la scrittura esercitata in varie forme, spesso frammentarie, quasi sempre umoristiche e votate al paradosso e alla satira. Lavorò al libro a più riprese tra il 1969 e il 1973: nella sua forma attuale Mi ricordo raccoglie circa 1.500 memorie. Molti di questi brani sono strettamente legati all'epoca e all'ambientazione americana (e per soccorrere il lettore Lindau ha appositamente creato un sito in cui è possibile visionare filmati e trovare foto e notizie di prodotti e personaggi menzionati nel testo e ignoti al pubblico italiano).

Come scrive Paul Auster nella sua appassionata prefazione: «Molti hanno scritto la loro versione di Mi ricordo , ma nessuno è riuscito minimamente a eguagliare la genialità dell'originale di Brainard».

Affermazione vera solo in parte, poiché tra i molti che si sono cimentati figura anche Georges Perec con il suo Je me souviens , uscito a soli tre anni dal libro di Brainard. E in Italia l'esempio è stato seguito dieci anni fa da Matteo B. Bianchi, grande ammiratore di Brainard, con la sua “generazionale” raccolta di micromemorie ( Mi ricordo , Fernadel, 2004).

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