Juan Reyes, maestro della street photography Usa: "Milano mi ha incantato"

Juan José Reyes, fondatore del Miami Street Photography Festival, assiste al lancio della prima edizione milanese della manifestazione

Juan Reyes, maestro della street photography Usa: "Milano mi ha incantato"

"Fare street photography non significa semplicemente scendere in strada e scattare una fotografia". Juan José Reyes è lapidario. Paraguayano per nascita ma statunitense d'adozione, Reyes ha studiato e lavorato come pediatra ma ormai da diversi anni ha fatto della street photography il centro della propria vita. Fondatore nel 2012 del Miami Street Photography Festival, è ora a Milano per assistere al lancio della prima edizione milanese dell'appuntamento d'oltreoceano, di cui ilGiornale.it e Gli Occhi della Guerra sono media partner.

"Questo tipo di fotografia ha a che fare con la connessione con le persone e fra le persone - spiega Reyes - La street è la base della fotografia. Alle persone piace perché è qualcosa che ha a che fare con la vita reale, che presta attenzione a ciò che succede intorno a noi tutti i giorni."

Spesso nelle foto si cerca la straordinarietà. Perché scegliere invece di ritrarre l'ordinario?

"Tutte le volte che pensiamo che non stia succedendo nulla, beh semplicemente non è vero. C'è sempre qualcosa che cova sotto la cenere. Semplicemente si tratta di cogliere il giusto attimo."

Quindi è importante essere nel posto giusto al momento giusto?

"Certo ha la sua importanza. Ma al centro della street c'è l'umano, con le sue emozioni. E quelle sono sempre le stesse, sia che ci troviamo in Paraguay, o a Milano, o a New York. Io a Miami ad esempio lavoro spesso sulla spiaggia, mi piace scattare foto alle persone sulla sabbia o in mare. Così la spiaggia diventa una strada. In realtà, ogni spazio pubblico può diventare una buona location."

Dunque cosa non può proprio mancare nelle sue foto?

"Io voglio sempre avere qualcosa in primo piano, qualcosa sullo sfondo e qualcosa in mezzo. Fondamentali sono il colore, una buona luce e la gestualità. Ma se mi chiedesse cosa proprio è irrinunciabile, direi la gestualità."

Lei nella vita di tutti giorni è un pediatra: cosa l'ha avvicinata alla fotografia?

"Ho sempre amato fare foto, fin da quando ero ragazzino. Ma poi, circa dieci anni fa, ho iniziato a prendere la cosa un po' più sul serio. Sono andato a New York, ho fatto un paio di corsi con Alex Webb. Quindi ho il bisogno di documentare la vita della gente e ho realizzato che c'era poca attenzione verso quel genere specifico di fotografia. Così ho creato un blog, poi un club e nel 2012 ho deciso di lanciare il festival di Miami. Che resta uno dei primi a livello mondiale, associato alla manifestazione di Art Basel, che da noi si tiene ogni anno nel mese di dicembre."

Perché scegliere Milano come città di riferimento in Europa?

"Volevo espandere l'evento ad altri Paesi e ho notato che in Italia c'era molta attenzione per la street: artisti, collettivi di fotografi, collezionisti... tutti di buon livello. Così ho pensato che Milano fosse la location perfetta: è aperta all'Europa, c'è fermento culturale, c'è il clima giusto. Vorremmo creare un evento che produca un valore aggiunto, artistico e culturale, per questa città. Diventare fonte d'ispirazione anche per il mondo dei documentari e del giornalismo, non solo degli addetti ai lavori per questa specifica e ristretta branca della fotografia. E il sogno sarebbe quello di creare connessioni fra Milano e Miami, magari con un programma di scambio fra i vincitori delle due edizioni del festival."

La street photography va di moda, in molti pensano che sia qualcosa alla portata di tutti. Ma cosa serve per emergere?

"Bisogna iniziare con il fare un sacco di scatti (ride, ndr.) Questo genere di lavoro può sembrare semplice ma non è così. Chi vuole accostarsi a questo genere di fotografia deve saper create un'emozione nell'osservatore. Deve saper evocare il mistero, sollevare domande.

Altrimenti si limita a scattare una fotografia della strada, fornendoci semplicemente un'informazione, che va contestualizzata. Mentre una street photograph non ha necessariamente una storia dietro di sè. Sa stare in piedi da sola. Chi la osserva non deve conoscerne la storia, ma deve crearsene una propria."

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