A pensare alla riviera romagnola che in questa estate di virusfobia rischia d’essere privata degli onnipresenti turisti stranieri, e con essi delle famigerate “tedesche” che da sempre sono oggetto d'interesse per i vitelloni nostrani, sorge spontanea un po’ di malinconia. Anche chi non l’ha mai frequentata troppo, quella riviera con il mare piatto e basso, e le infinite spiagge con gli stabilimenti da dodici file di ombrelloni che qualcuno minacciava di separare con intelligenti pannelli di plexiglass (senza tenere conto della temperatura “grill” che si sarebbe registrata già intorno alla seconda-terza fila). Ogni volta che dicono Rimini e Riccione, un po’ si pensa al film generazionale confezionato da Ligabue nell’ormai distante 2002, “Da zero a dieci”; un po’ si pensa al più macchiettistico ma emblematico “Abbronzatissimi” di Bruno Gaburro, e un po’ si ripensa ai tempi di “Zanza”: l’ultimo playboy italiano degno di nota dopo Gigi Rizzi - uomo con il quale aveva ben poco in comune, se non l’aver fatto parlare in tutta Europa, nel bene o nel male, dell’intramontabile fascino del maschio italiano.
Maurizio Zanfanti, in arte Zanza, fu infatti decano dei playboy romagnoli, classe 1955, in “attività” dall’inizio degli anni ‘70. Come lavoro vero, quasi un’attività parallela si potrebbe dire, svolgeva quello di “buttadentro” per disco pub riminesi come il Blow Up e lo Chic. E per fare il buttadentro, si sa, da sempre sono necessari due requisiti fondamentali, ancor prima del bell’aspetto: la simpatia e una certa dose di sfacciataggine. Il mix perfetto per interrompere la passeggiata di un gruppo di turiste straniere e condurle in un localino piuttosto che un altro - lo stesso che funziona bene per portarne una nel proprio letto. Dopo. Perché erano in tante, dopo, a cadere tra le sue braccia di diciottenne, travolte dalla passione estiva e dal fascino di essersi imbattuto in un vero “stallone italiano”.
Anche "207 in una sola stagione", raccontava, "spesso due o tre nello stesso giorno", ma tutte trattate con il rispetto che si conviene: perché il playboy, per chi non lo sapesse, sa essere passionale quanto gentiluomo; e il Zanza è sempre stato noto per esserlo, un gentiluomo. Diceva, quale esperto della nobile arte della seduzione, uno che potrebbe scrivere un manuale consultabile su internet in perfetto stile Aranzulla: “Il segreto è la gentilezza. Devi avere sempre un pensiero per ognuna”. E la sua non era una gentilezza fine a se stessa, fine all’amplesso, come si potrebbe malignamente pensare. Era una gentilezza sincera. Romantica a modo suo. Sufficiente per veder tornare da sposate tante di quelle donne che aveva e lo avevano conosciuto nell'intimità, e che ormai sistemate con figli e marito dalla precisione svizzera, tedesca o olandese, volevano solo scambiare un sorriso con il loro vecchio amore italiano che ultracinquantenne lavorava, soddisfatto di una vita intensa, dietro il bancone del suo bar, il Brigantino.
Tra le leggende che circolavano negli anni, c’era quella di un riminese che in inverno era andato fino in Svezia per ritrovare una sua conquista estiva, e aveva trovato sul comodino una foto di lei insieme al Zanza - altro che il santino di Padre Pio. Mentre non è una leggenda quella della giornalista francese che valicò frontiera per intervistarlo, e poi, come in un romanzo dalle tinte rosa, ci era finita inequivocabilmente a letto; facendo tesoro della tenera esperienza per raccontare nel suo bel reportage come potesse essere “un’estate di passione” trascorsa in Riviera, altro che Costa Azzurra.
Il Zanza ha esercitato il suo "talento" naturale di playboy per 35 anni, tra Rimini e Cortina, inventandosi negli anni ’80 una società che traghettava gruppi di turisti in riviera, il “Club 33”, attività che mirava solo un pubblico under 33: gente che poteva prendere tutto il buono da quel posto, e che per nostalgia forse sarebbe sempre tornata, magari lasciando i locali per scoprire le sagre insieme alla famiglia. Entrambe cose quest’estate non ci saranno, ma ci piace pensare che passerà. Tutto passa.
Come ricordava Michele Masneri nel suo coccodrillo scritto per Il Foglio: “La gente crede che la riviera sia un luogo di villeggiatura. È al contrario un luogo faticosissimo. Discoteche, feste, sagre: è la nostra industria principe. A qualunque ora potrà trovare qualcuno con cui divertirsi e togliersi tutte le voglie che ha, di qualsiasi genere: la chiamano l’industria del sesso” (tratto dal romanzo "Rimini", di Pier Vittorio Tondelli, 1985). Quell’industria per anni è stata foraggiata in passionalità, quale azionista di maggioranza, proprio dal Zanza e da tanti vitelloni scanzonati, e non si è mia fermata, per quanto negli anni sia cambiata, parecchio cambiata. Nel giorno della sua dipartita, il 28 settembre del 2018, la Bild dedicò un pezzo a quel playboy che non aveva mai abbandonato la sua pettinatura grunge, s’intitolava: “Italienischer Papagallo machte amore mit 6.000 fräulein”, “Il pappagallo italiano che ha fatto l’amore con 6.000 donne”. Chissà quante, leggendolo, lo piansero con timido affetto.
Oggi che per “rimorchiarsi” le straniere c’è Tinder; e che i giovani viveur, testosteronici e strapompati, consumano i loro primi rapporti al mare dopo essersi scambiati fuocherelli sotto le storie di Instagram, invece che dopo esseri scambiati languidi baci davanti a quei falò che ormai sono proibiti ovunque, sembra impensabile che un ganzo con il “chiodo" di pelle verde, e le mai tramontate catenine d’oro libere di tintinnare sul petto villoso, abbia sedotto più di mille turiste solo
con un sorriso e una carezza. Senza offrire nulla più di un birra e un bacio davanti al tramonto della Riviera. Sembra impossibile e distante, eppure è stato. Per questo ricordiamo con nostalgia Maurizio Zanfanti, il Zanza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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